Fidel Castro, Bobby Fischer e Silvino Garcia
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Fidel Castro e Silvino Garcia nel 2002 (foto di Jesus Bayolo )
(Adolivio Capece)
Fidel Castro (13.8.1926 – 25.11.2016) certamente non è stato un Grande Maestro di scacchi ma, in quanto celeberrimo personaggio politico che si è interessato anche del nostro gioco, non poteva non essere menzionato su queste pagine.
In verità in nessuno dei molti articoli e servizi sul leader cubano usciti negli anni (con l’eccezione di qualche sito specializzato) si fa accenno al suo grande interesse, per non dire passione, per gli scacchi, nonostante spesso siano state ripescate sue foto davanti alla scacchiera (soprattutto relative a partite con Che Guevara, e di queste riparleremo in altro articolo).
Certo non si può dire che il suo gioco fosse di un elevato livello tecnico, ma nessuno lo pretendeva. Sicuramente più importante fu la sua opera sia per favorire l’insegnamento degli scacchi, che a Cuba diventarono materia scolastica, e sia, più o meno direttamente, come organizzatore di grandi e spettacolari manifestazioni.
Fidel Castro intervenne in prima persona, per esempio, nella trattativa con Bobby Fischer nel 1965, per far partecipare al torneo dell’Avana il campione americano: non essendoci alcuna possibilità che il Governo USA desse il visto per la trasferta, egli fece in modo che Bobby potesse giocare per telescrivente, restando a New York!
Le cose in realtà andarono in maniera assai curiosa, mettendo in rilievo certe ‘rivoluzionarie’ caratteristiche e capacità di Fidel Castro, il fondatore del primo Stato socialista dell’emisfero occidentale.
Ne facciamo un breve riassunto riprendendo il percorso di un post del blog cubano “Pinalches” pubblicato nel 2011, dove si ricorda quanto narrato in un libro del Presidente della FederScacchi cubana José Luis Barreras dal titolo “El fascinante mundo del Ajedrez”.
Ebbene, nel 1965 Fischer fu invitato a giocare un grande torneo a L’Avana, torneo in memoria di José Raùl Capablanca. Ma ci si mise di mezzo il Dipartimento di Stato di Washington, che si rifiutò di concedergli il permesso di recarsi a Cuba per l’evento. Ecco allora che Bobby Fischer giocò una bella mossa, inviando a Fidel Castro un cablogramma nel quale comunicava la sua rinuncia a partecipare, rimproverando il leader cubano di cercare, grazie alla sua partecipazione al Memorial, un evidente successo propagandistico.
La replica di Fidel fu immediata e sostanzialmente di questo tenore: “Non ho alcun bisogno di un’effimera propaganda; se tu hai avuto paura e ti sei pentito della tua decisione di venire a giocare qua, sii più onesto e trovati un’altra scusa”.
L’impasse durò lo spazio di pochi giorni e ben presto Fischer fu in grado di comunicare a Fidel la sua partecipazione al Memorial Capablanca, sia pure “da remoto”, ovvero attraverso una telescrivente da New York.
Per la cronaca Fischer arrivò secondo, pari-merito con Ivkov e Geller, mezzo punto dietro al vincitore Smyslov e mezzo punto avanti ad un altro sovietico, Kholmov. Bobby batté Smyslov, ma perse lo scontro diretto con gli altri tre citati.
A Cuba comunque Fischer ci andò veramente l’anno dopo, 1966, con la nazionale statunitense e per partecipare alle Olimpiadi: gli americani (con Fischer, Byrne, Benko, Addison e Rossolimo) giunsero secondi dietro all’Unione Sovietica, che schierava un’impressionante corazzata coi nomi di Petrosjan, Spassky, Tal, Stein, Korchnoi e Polugaevsky, e davanti di un punto alla forte Ungheria di Portisch e Szabo. Non dimentichiamo che l’Italia, bravissima, qui a L’Avana ’66 vinse la finale C.
Fu una grandiosa festa a l’Avana, fortemente voluta dal leader cubano, e restò un grande momento di pace e di fratellanza tra i popoli. L’evento fu inaugurato con una maxi simultanea all’aperto in cui migliaia di appassionati poterono misurarsi con i più forti maestri.
E fra i simultaneisti c’era anche Fidel Castro, che giocò contro l’allora campione del mondo Tigran Petrosjan: patta in 20 mosse. “Patta perché cominciò a piovere”, sussurrarono i maligni; ma la posizione era equilibrata anche se resta il dubbio che il grande Tigran per “quella” specifica partita avesse volutamente scelto una continuazione tranquilla e lineare.
Fidel Castro giocò in quell’occasione una partita amichevole un po’ più seria (?!) con uno dei componenti la squadra messicana, ovvero il professor Filiberto Terrazas, un’autorità in Centro America essendo stato l’autore di un noto testo sull’antropologia della cultura Maya. Nel 2021 il sito “Cuba Periodistas” riportava detta partita, in un post (“También en el Ajedrez Fidel vive”) a firma di Jesus Bayolo, giornalista e storico degli scacchi:
Gambito de Rey Aceptado (F.Terrazas vs. Fidel Castro)
Fidel Castro ha presieduto anche alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi, il 20 novembre 1966.
Jesus Bayolo avrebbe pubblicato un nuovo post sul Fidel scacchista nell’agosto 2016 e per il sito “Cubadebate”, in regalo per il 90° anniversario di vita del leader, in realtà estratto dal suo libro “Fidel and Chess”: “Cuba ha avuto la gloria di portare nel mondo una figura come José Raúl Capablanca, che deteneva il titolo di campione del mondo quando è nato Fidel, e, per l’orgoglio dei giocatori di scacchi, il suo più grande leader è anche un fan del nostro sport”.
Nella immagine sotto il titolo, relativa ad un episodio del 2002 e tratta appunto da quell’articolo, vediamo lo stesso Bayolo riprendere con la macchina fotografica, e poi da sinistra: il notissimo (è nato nel 1944) Grande Maestro Silvino Garcia, il bambino Lazaro Castro (“Lazarito”) che era stato invitato da Fidel Castro a giocare con lui in simultanea. Qualcuno, guardando la foto, dirà: “ma quale simultanea? Fidel sta giocando coi pezzi bianchi …”. Proprio così: per distinguere la partita da tutte le altre, Fidel e Lazarito ebbero i pezzi bianchi! Tanti anni dopo Silvino Garcia avrebbe ricordato i primi 14 tratti, questi:
Fidel Castro con Lazarito vs. Silvino Garcia
E avrebbe ricordato anche alcuni commenti, ad esempio quando Fidel, a un certo punto in difficoltà dopo un dubbio sacrificio di pezzo, esclamò: “non ci arrendiamo perché abbiamo ancora forze e i combattenti non si arrendono”. Diversi minuti dopo fu Silvino a parlare, così: “Comandante, mi scusi, ma ora è patta, perché lei non può evitare i continui scacchi”. Fidel strinse la mano tesagli da Silvino Garcia e, rivolto a Lazarito, scherzosamente aggiunse: “Dobbiamo congratularci col Grande Maestro, che è riuscito a pattare una partita vinta …”.
Successivamente, a simultanea ultimata, Fidel Castro si fermò a parlare con Silvino, il quale ricordò queste parole del suo leader:
“Lo que me gusta del ajedrez es que obliga a pensar; ese es el problema, no es cuestión de ganar lugares, educa al hombre en el hábito de optar entre variantes, y uno de los peores problemas que yo veo muchas veces es que la gente no tiene el hábito de buscar variantes. A veces tenemos muchos conocimientos, pero no tenemos el hábito de ponernos a pensar en solucionar un problema, y el ajedrez te coloca en cada instante ante la necesidad de resolver el problema. El ajedrez es el juego de las variantes”. Ovvero:
“Quello che mi piace degli scacchi è che sei costretto a pensare: non si tratta di conquistare posti, si educa l’uomo all’abitudine di scegliere tra le varianti, e uno dei gravi problemi che vediamo è proprio che le persone non hanno l’abitudine di cercare varianti. A volte abbiamo molte conoscenze, ma non l’abitudine di pensare a risolvere un problema; gli scacchi ti mettono in ogni momento di fronte alla necessità di risolvere il problema. Gli scacchi sono il gioco delle varianti”.
E così concluse Fidel Castro: “Gli scacchi sono un ottimo strumento per sviluppare l’abitudine ad usare l’intelligenza”.
Quando si parla di scacchi, c’è quasi sempre un angolo di gloria e soddisfazione anche per noi italiani, tanto è vero che in quel libro, trattando appunto di simultanee, Bayolo ricordava come “…il primo simultaneista della storia di cui si ha notizia è Paolo Boi, detto ‘il Siracusano’ (1525-98), che girò l’Europa offrendone dimostrazione”.
Per Cuba, invece, la gloria principale e imperitura resterà sempre quella portata dal campione del mondo José Raùl Capablanca. Il governo di Fidel Castro negli anni ’80 fece posare sulla tomba del suo campione un enorme pezzo degli scacchi in marmo bianco, disegnato da Florencio Gelabert, uno degli scultori più noti del Paese.