Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Come si evolveranno gli scacchi nei prossimi anni?

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Day and Night (M. C. Escher, 1938)

(Uberto Delprato)
Credo che gli scacchi classici avranno spazi gradualmente ridotti, almeno ai massimi livelli“. Con questa semplice frase pronunciata durante una conversazione con Danny Rensch di chess(dot)com, Carlsen ha gettato un enorme sasso nello stagno. Non che questa affermazione sia un vero fulmine a ciel sereno, ma di sicuro merita qualche riflessione ulteriore.

Prima che Carlsen esprimesse i suoi pensieri, avevo notato come a Dicembre 2022 non si stesse giocando nessun torneo di prima fascia a cadenza classica. A parte un paio di Open in Spagna (El Llobregat e Sitges), nulla da segnalare come attività dei giocatori sopra i 2700 di Elo e anche quello che stava diventando un appuntamento tradizionale, il Memorial Gashimov, è stato giocato nel formato “Rapid e Blitz” che tanto spazio ha e continua a guadagnare.

Da cronista degli scacchi, mi sono chiesto quanti tornei “classici” fossi in grado di ricordare nel 2022 in aggiunta a quelli legati al ciclo mondiale della FIDE (Grand Prix e Torneo dei Candidati), alle Olimpiadi e ai vari Campionati mondiali, europei o nazionali. Con mia sorpresa, sono riuscito a pensare solamente al Tata Steel di Wjik aan Zee, al Norway Chess, al Superbet di Bucarest e alla Sinquefield Cup. Certo ci sono stati altri tornei importanti, come la Rilton Cup, il TePe Sigeman, l’Open di Reykjavik, il Memorial Capablanca, il Master di Abu Dhabi o lo Sharjah Masters, ma il resto delle competizioni che hanno attratto i migliori GM sono stati tornei Rapid e Blitz (online, ibridi o di presenza) organizzati in diversi formati (all’italiana, svizzeri, knockout o in una loro combinazione), in tornei singoli o in un Tour (come il Meltwater Chess Champions), ma comunque a cadenze veloci.

Sono via via scomparsi, o si sono organizzati in formati diversi, l’Aeroflot di Mosca, il Chess Classics di Londra, il Grenke di Karlsruhe, il Torneo di Biel, il torneo di Dortmund, il torneo dell’Isola di Man, l’Open di Gibilterra, il Torneo di Bilbao, il Torneo di Leon, il Torneo di Linares, il Memorial Tal, il Memorial Gashimov e chissà quanti ne dimentico. Non è un sussulto di nostalgia per i tempi che furono, no: è la constatazione che la pandemia ha portato via o trasformato quasi tutte le manifestazioni scacchistiche a cui eravamo abituati e che scandivano la stagione agonistica scacchistica.

Foto di Boris Ignatovich, 1935

La frase di Carlsen e la progressiva riduzione del numero dei tornei a cadenza classica suggeriscono una evoluzione della pratica agonistica degli scacchi che cercherò di analizzare nel seguito.

Questa trasformazione è lo specchio della necessità degli organizzatori di venire incontro a ciò che più piace ai giocatori e agli spettatori: il solito meccanismo di domanda e offerta. Se quando, dopo 32 anni di assenza dalle competizioni, mi sono trovato a giocare tornei weekend a cadenze sempre più rapide rispetto a quelle a cui ero abituato e con i doppi turni diventati ormai la normalità, non è perché qualcuno in particolare o la Federazione avessero imposto il cambiamento delle regole, ma perché con tornei compressi in 2 giorni e mezzo o 3 è possibile invogliare i giocatori a partecipare a più tornei in un anno di quanto si facesse ai miei tempi, quando era necessario dedicare una settimana di ferie per giocare 8-9 turni.

E oggi se parlo di sospensioni, di mosse in busta o di zeitnot furibondi senza incremento, i giocatori giovani semplicemente non capiscono. La pandemia ha accelerato la creazione di formati di tornei online, giocabili praticamente da qualunque parte del mondo e a qualunque ora senza la necessità di viaggiare e di andare in albergo, ed è comprensibile che i giovanissimi ritengano questo il modo con cui si gioca a scacchi: semplicemente non hanno mai vissuto un altro modo.

Se poi consideriamo la modalità sempre più frenetica con la quale “consumiamo” i “contenuti” online (le virgolette sono volute, a sottolineare i termini algidi con i quali viene descritto il processo di accesso e lettura delle informazioni), è naturale che l’idea di trascorrere 4 ore a giocare o a guardare una sola partita sia quasi inconcepibile, considerando che nello stesso tempo si possono seguire interi tornei on line, partecipare ad una sessione di intrattenimento in streaming, giocare 4 partite rapid o 12 partite blitz (o, orrore, non so quante decine di partite bullet).

L’idea che gli scacchi stiano perdendo di profondità e di fascino analitico può sfiorare noi di una certa età, ma se il concetto è quello dell’adesso e del risultato immediato, si capisce bene perché i formati Rapid e Blitz siano i preferiti dalla maggior parte degli spettatori. Spettatori che, si badi bene, al contrario di qualche decade fa non sono più fruitori passivi degli eventi, ma sono clienti che pagano e generano il “traffico” sulle piattaforme.

“Viviamo in un tempo nel quale le macchine stanno imparando ad essere più umane mentre gli uomini stanno imparando a vivere come robot.” (Brian Solis)

Di nuovo, può sembrare che io sia un “laudator temporis acti“, ma in realtà sto cercando di capire quale possa essere l’evoluzione degli scacchi negli anni che verranno e non di declamare la bellezza dei tempi che furono e che di certo non torneranno più. Se Carlsen, parlando del futuro degli scacchi può aver calcato la mano sull’importanza degli scacchi online per motivi di convenienza (la “sua” piattaforma Chess24(dot)com ha completato il percorso di incorporazione in chess(dot)com e quindi il gioco online è ciò che più gli sta al… portafoglio), è innegabile che vedremo sempre più scacchi giocati a cadenze veloci su piattaforme online o in stile eSport, e sempre meno tornei a cadenza classica.

Tutto ciò accadrà inizialmente solo per i top players, perché i nostri amati Festival o Tornei Week-end continueranno ad essere giocati, anche se… per quanti anni? Quanto ci vorrà perché le nuove generazioni diventino la maggioranza dei giocatori e quindi esprimano una chiara preferenza per altri formati agonistici? Quanto a lungo esisterà un Campione del Mondo a cadenza classica?

Non ho risposte chiare e non posso sapere se e come sarà risolto il problema del cheating, che rappresenta un enorme rischio per gli scacchi non in presenza (e da qui, secondo me, la ragione primaria per cui Carlsen e chess(dot)com hanno lanciato una sconsiderata crociata dimostrativa che ha coinvolto, forse casualmente, Niemann). So però che se il Campione del Mondo decide di non difendere il titolo Mondiale a cadenza classica ma esprime un’enorme soddisfazione per aver vinto i Mondiali Rapid e Blitz, se il Campione del Mondo annuncia che nell’anno appena iniziato giocherà più online che a tavolino, se il Campione del Mondo auspica l’organizzazione di più tornei di scacchi Fischer Random (ma a cadenza più lenta del Rapid)… il futuro degli scacchi sta già prendendo forma sotto i nostri occhi.

A tutto ciò va aggiunta la scomparsa, speriamo temporanea, di Russia e Cina dallo scenario organizzativo mondiale. L’una bandita dalle manifestazioni per la guerra che ha scatenato, l’altra alle prese con il riattizzarsi dei focolai pandemici, hanno forzatamente dovuto lasciare la scena all’India, agli USA (soprattutto per gli scacchi online), ad una frammentata Europa (che ha dalla sua però la tradizione) ed aperto ampi spazi alle nuove realtà asiatiche, dai ricchi Paesi arabi alle Repubbliche asiatiche ex-sovietiche.

E’ chiaro che se l’alternativa è tra pochi tornei dal vivo che possono essere organizzati solamente grazie a mecenati o governi interessati ad investire negli scacchi (spesso per motivi di propaganda), tornei open di piccola-media importanza che possono attrarre appassionati e professionisti di seconda fascia, e tornei online con un’offerta adatta a tutte le categorie e a cui tutti hanno facilità di accesso, non riesco a vedere come gli scacchi possano rimanere lo sport a cui siamo stati abituati per decenni.

“La partie anglaise d’échecs” (Pierre Lohner)

Certamente rimarranno, anzi aumenteranno, i tornei riservati ai giocatori delle fasce di età più alta, che da un lato continueranno a preferire cadenze più lente e il gioco di persona, e dall’altro hanno disponibilità di tempo e di soldi che i giovanissimi non hanno o non hanno intenzione di investire in quel modo. Tutto, di nuovo, sulla base del meccanismo di domanda e offerta.

Non mi è chiaro, inoltre, quale sarà l’impatto di tutto ciò sugli scacchi femminili, sia perché l’evoluzione sarà forzatamente uguale a quella generale degli scacchi di cui ho parlato, sia perché non so davvero come le ragazze di questi tempi accoglieranno i cambiamenti. L’evidente barriera che esiste oggi potrebbe finalmente cadere in virtù di competizioni più rapide e meno fisiche, oppure potrebbe aumentare il disinteresse verso un’attività sportiva di socialità quasi esclusivamente mediata.

Insomma, Carlsen potrà essere stanco di studiare (come ipotizza Alex Colovic), potrà essere disinteressato a provare di nuovo di essere il giocatore più forte del mondo (come scrive Leontxo Garcia), ma è molto probabile che sia in grado di vedere la direzione verso la quale gli scacchi competitivi evolveranno nei prossimi anni. Di sicuro è in grado di influenzarne lo sviluppo, proponendo modelli di gioco e formule competitive che il suo innegabile carisma può veicolare verso i giovani.

Non è uno scenario completamente rassicurante, devo ammettere, ma di fronte a una FIDE che non riesce a recidere i legami con la Russia e non riesce a proporre modelli diversi, è inevitabile che in un’economia di mercato siano le idee imprenditoriali più efficaci a dettare la linea.

Mi auguro in ogni caso che si possa trovare il modo di dare nuova vita ai circoli, i luoghi dove davvero si accende e prende vita la passione per gli scacchi, dove si possono raccontare la storia del gioco e le gesta dei campioni del passato, non per guardare indietro, ma per costruire in avanti sulla base di quello che è lo spirito del gioco.

Information vs knowledge (Gapingvoid)

Leggere dall’allenatore di Nihal Sarin che il giovanotto indiano non si allena risolvendo studi ma solo giocando, che tanti ragazzi crescono giocando in continuazione con il computer invece di essere guidati da un trainer… ecco tutto ciò mi fa pensare che il mondo degli scacchi stia dividendosi più di quanto lo sia stato in passato. Tutti noi abbiamo seguito i grandi campioni e i migliori giocatori al mondo sapendo bene che erano per noi irraggiungibili, ma sapendo anche che noi e loro giocavamo allo stesso modo, che se avessimo avuto abbastanza tempo (e talento) ci saremmo potuti avvicinare a loro. Adesso non è così.

Esiste un mondo costituito dagli appassionati che giocano, si divertono e, a loro modo, cercano di migliorarsi ed esiste il mondo degli “alieni” che dalla più tenera età hanno imparato un linguaggio diverso, un gioco diverso, dialogando con il “motore” e allontanandosi da ciò che il normale giocatore da circolo potrà mai diventare: un mondo di “specializzati”, se vogliamo, di giovani che hanno abbracciato una missione molto presto e hanno quindi potuto sviluppare capacità irraggiungibili per gli “altri”.

Inevitabilmente ci saranno due categorie diverse di competizioni, due categorie diverse di spettacolo e di divertimento, il cui anello di congiunzione saranno le competizioni online alle quali gli appassionati-clienti parteciperanno, pagando, per avere la soddisfazione di sfiorare il Grande Maestro. “Ma è sempre stato così!” mi potreste dire. Non so, secondo me no. Pur nella impossibilità di incontrarli sulla scacchiera, io potevo sentirmi molto più vicino a Jan Timman o a Ulf Andersson di quanto, credo, un diciottenne di oggi possa sentirsi vicino a Firouzja o ad Erigaisi.

Statler e Waldorf (personaggi del Muppet Show)

Insomma, credo che la trasformazione delle competizioni scacchistiche verso formati a cadenze più rapide (con tutte le formule che si sono inventate e si potranno inventare) non sarà guidata tanto dalle scelte dei giocatori, quanto dalle preferenze degli spettatori. Gli scacchi, che per tanti anni sono rimasti a metà tra la ricerca della qualità (con tanto di aura di intellettuale superiorità per i migliori) e il desiderio di diventare uno sport di massa, stanno completando il percorso che li porterà ad essere “entertainment“, intrattenimento, spettacolo.

Le competizioni e le rivalità individuali saranno la base su cui catturare l’attenzione e offrire (ovvero vendere) una moltitudine di prodotti a contorno: commenti tecnici, commenti di colore, corsi, lezioni, partecipazione a tornei, dirette in streaming, canali di intrattenimento a basso valore tecnico, merchandising … tutto ciò che è già accaduto ad altri sport, per i quali la dimensione imprenditoriale ha preso il sopravvento su quella tecnica. L’evoluzione della F1 e del calcio (per fare due esempi) mi sembra chiara: sempre più “eventi” ed “intrattenimento” e sempre meno spontaneità e fantasia.

Questo è lo scenario che credo si stia preparando e, in assenza di un soggetto che rappresenti e difenda il lato culturale del gioco (come dovrebbe fare la FIDE), penso sia inevitabile la trasformazione in uno sport di più larga penetrazione che porterà inevitabilmente ad una “normalizzazione” dorata degli scacchi: da sport di élite a eSport di massa.

Voi vedete un futuro diverso e meno orientato al business? Mi farebbe veramente piacere leggere le vostre opinioni.

Io, da parte mia, cercherò di continuare ad assistere ai grandi tornei dal vivo, a guardare i gesti, le mosse e gli sguardi dei grandi giocatori invece di seguire decine e decine di partite online. Cercherò di partecipare ai tornei di persona (quando il lavoro e la famiglia me lo permetteranno) invece di registrarmi all’ennesimo torneo online sulla piattaforma quasi-unica. Cercherò di giocare seguendo le mie limitate idee strategiche invece di tentare improbabili gambetti suggeriti dagli YouTuber e puntare solo sul calcolo e sulla tensione tattica.

Ma io sono solo UnoScacchista, e non pretendo di avere ragione. Cerco solo di mantenere viva la passione, mia e di chi mi legge, per gli scacchi che emozionano e per la “scacchiera orizzontale”.

4 thoughts on “Come si evolveranno gli scacchi nei prossimi anni?

  1. Estimados amigos:
    Mi felicitación para todos los colaboradores de Unoscacchista, y especialmente PARA UNOSCACCHISTA !!!
    Un cordial saludo.

    José María Gutiérrez Dopino

  2. Nel1987-88 una delle edizioni di San Giorgio su Legnano Scacchi, (torneo destinato nel 1995 ad entrare nel Guinness dei primati con 926 partecipanti tra cui Karpov), fu valida come Campionato Italiano Active chess (30 minuti a giocatore). Quella innovativa formula ideata dalla FIDE ebbe una scarsissima fortuna e dopo qualche anno non se ne sentì più parlare, era il primo tentativo di proporre gli scacchi con dei tempi di riflessione diversi dai consueti a cadenza lunga. Da allora di acqua ne è passata sotto i ponti ed ora siamo al dunque, per tanti motivi gli scacchi con un tempo di riflessione lungo sembrano proprio essere al capolinea. Io devo ai tornei semilampo di San Giorgio la mia notorietà in ambito scacchistico e il titolo di Maestro ad Honorem, ma non ero un veggente, negli anni Ottanta la scelta di organizzare dei tornei semilampo (15 minuti a giocatore) era dovuta alla facilità per me di trovare sponsor nell’hinterland Legnanese e perché i tornei con un tempo di riflessione lungo e con tanti partecipanti: Caorle, Porto San Giorgio, Bratto, Arco di Trento, Genova… erano organizzati appunto in località turistiche. Oggi questi tornei sono stati ridimensionati, o del tutto scomparsi, di semilampo non se ne organizzano più (regge il Campionato Italiano) sono i tornei a 5 o 6 turni (troppi a mio avviso) che si disputano in 3 e a volte anche 2 giorni ad essere organizzati, i circoli si sono svuotati (l’ultimo colpo l’ha data la pandemia, e purtroppo è solo internet a spopolare. Chiudo citando la frase di un amico scacchista: “Questi scacchi non mi piacciono più”.

  3. Per me non c’è paragone tra l’emozione e l’adrenalina che mi da il gioco a tavolino rispetto a quello on line. Poi il gioco può evolvere in altre direzioni ma io continuerò nelle competizioni che mi danno più soddisfazione.

  4. purtroppo e per fortuna le cose si evolvono anche pagando il prezzo di perdere gli aspetti belli,
    ma che ci possiamo fare? ce ne dobbiamo fare una ragione e fin quando possibile riuscire ancora con gli scacchi che ci piacciono (quelli veri)
    un panatta ti potrebbe dire il tennis di oggi non gli piace piu’ perchè non permette di fare quello che si poteva fare con una pallina che viaggiava a metà della velocita’ ma anche li, giocatori e gioco, ci si è adeguato ai tempi e palle che viaggiano a 200 all’ora…

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