Champions Tour: la millenaria storia degli scacchi è alle ultime pagine?
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(Riccardo Moneta)
No! Non bisogna esagerare così con il trucco … in quanto uno sport è tanto più di successo quanto più le sue regole sono semplici e spettacolari. Senza trucchi.
E’ semplice e spettacolare calciare una palla in rete o tirarla in un cesto, è semplice e spettacolare tagliare per primo il traguardo in una gara di ciclismo o automobilismo (e ciò anche per chi non è mai salito su una bicicletta o su un’auto da corsa). Uno scaccomatto o un ‘abbandono’ non sono altrettanto semplici e spettacolari, almeno per la gente comune che stia guardando per la prima volta una scacchiera e una partita a scacchi.
Uno sport che di primo acchito appare spettacolare e intuitivo, sarà uno sport di successo comunque, a prescindere dagli impianti/formati che avranno le competizioni; sarà certamente di maggior successo se gli impianti sono indovinati, ma un successo di base lo avrà sempre, indipendentemente.
Uno sport come gli scacchi è per sua natura poco appariscente e presuppone un lento avvicinarsi da parte del principiante ed una comprensione che per essere completa e profonda va incontro giocoforza a vari passaggi; pertanto è un gioco che non potrebbe permettersi degli impianti complicati e stravaganti come quello del Champions Chess Tour 2023, che pure mira ad essere la manifestazione più prestigiosa dell’anno fra quelle Rapid.
A mio parere insistere con arzigogolati e irragionevoli sistemi soffocherà alla lunga l’interesse del vasto pubblico per gli scacchi, magari non tanto da farli arrivare davvero alle “ultime pagine” di cui qui nel titolo, ma di avvicinarli ad un “viale del tramonto” sì, quanto meno nella loro veste storica.
Avrete sicuramente letto l’articolo di Uberto apparso sul Blog qualche tempo fa, “Inizia il mastodontico Champions Chess Tour 2023“. Uberto ha accennato giustamente e con accento critico alla complessa articolazione del formato. Sono critico anch’io, almeno altrettanto: un impianto contorto e bislacco come quello del Champions Chess Tours è solo un danno per gli scacchi!
Le motivazioni che spingono in favore di certi formati sono perfettamente spiegabili e giustificabili dal punto di vista degli organizzatori, delle necessità dell’on-line, dei tempi e dei costi, delle preferenze dei partecipanti Grandi Maestri, del cerchio magico attorno al quale ruota l’interesse (soprattutto economico, ormai, e non solo quell’interesse spontaneo che è dettato da pura passione), interesse che arricchisce uno sport e il suo montepremi. E sono motivazioni che naturalmente derivano dallo strumento che oggi consente agli appassionati di tutto il mondo di entrare in questo gioco in modo virtuale, senza contatto diretto con i partecipanti e, a volte, senza contatto diretto tra gli stessi partecipanti. Lo strumento è Internet, uno strumento ben adattabile al nostro sport, ed è uno strumento tecnologico travolgente, ancor più significativo sul piano sociale (in quanto alla portata di tutti) di ciò che furono, tanti decenni fa, l’avvento prima della radio e poi della TV.
Internet però è uno strumento, almeno nel caso del gioco degli scacchi, con dei risvolti pericolosi. Può essere oggi prezioso in quanto sta sfruttando l’onda lunga del ‘gioco di presenza’, del confronto umano ravvicinato che si è ancora protratto negli ultimi decenni nei circoli, nei (sempre più scarsi) dopolavori, nelle associazioni, nelle piazze, nelle manifestazioni più varie. In questo momento di passaggio, chiamiamolo “misto”, Internet è ideale per allargare la preesistente base di partecipanti e appassionati, ovvero per collegare passato e presente al futuro, per unire ventenni e sessantenni. Ed è, tra le altre cose, lo strumento che ci ha consentito di creare un Blog di successo come il nostro e quindi anche di essere qui a presentare queste considerazioni critiche.
Ma poi? A gioco lungo? Quale futuro attenderà gli scacchi? Allorquando saranno scomparse del tutto (o quasi) quelle attività “di prossimità” citate, con la chiusura di sedi, locali, circoli eccetera … (divenuti sempre più non necessari, e costosi e complessi da mantenere e gestire), … quale sarà la scintilla che farà scattare il primo amore per il nostro sport?
Una volta un ragazzo mi disse che si era innamorato degli scacchi soltanto tenendo fra le mani i pezzi di legno di un’artistica scacchiera del nonno. Altri tempi … Oggi la scacchiera di legno non la possiedono tutti, anzi la scacchiera materialmente può anche non servire; viceversa servirà sempre un campo per il gioco del calcio o del basket! In un’altra occasione un anziano signore (che -ricordo- indossava sempre un largo cappello marrone) mi confessò che entrava in un circolo di scacchi soprattutto per non restare da solo in casa, cioè proprio per vedere e “per parlare con qualcuno”! Sempre più raramente sarà possibile incontrare persone come queste …
Ebbene, in futuro ci potrà essere forse un altro tipo di scintilla per il gioco degli scacchi, ma allora sarà una scintilla più simile a quella che fece scattare l’interesse (e il successo) per i videogiochi, mentre la parola “sport” (che è in primo luogo confronto diretto fra due persone o due squadre o più) verrà via via oscurata fino alla sua possibile sparizione. Gli scacchi a quel punto saranno diventati qualcos’altro, forse anche interessanti per qualcuno e profittevoli per altri, ma saranno cosa profondamente diversa da ciò che hanno mostrato finora e dal significato che hanno avuto per tanti secoli; e forse la loro storia verrà riscritta, qui in Italia, non più da un Adriano Chicco o da un Giorgio Porreca o da un Adolivio Capece, bensì da un computer.
In più, per l’appunto, si aggiunge la possibilità, oggi, di essere aiutati dai motori di scacchi, o addirittura sostituiti dai motori, e qui si aprirebbe tutto un discorso a parte, quello del cheating …
E’ vero, lo so: posso apparire un nostalgico, e forse lo sono davvero. E forse davvero, pur non ammettendolo, rimpiango quei tempi lontani trascorsi fra “mosse in busta” e “bandierine”, ma …
… ma debbo ricordarvi che non mi si può affatto accostare ad un nostalgico conservatore, né negli scacchi né (per chi mi ha conosciuto meglio) nelle mie esperienze di lavoro; tra l’altro tramite questo Blog più di una volta ho proposto per gli scacchi rilevanti innovazioni, sia nei punteggi (con penalizzazioni della patta) sia nei formati, ad esempio intorno a quello volto a stabilire il Campione del Mondo, manifestazione che a mio parere dovrebbe disputarsi con cadenza annuale, analogamente a quanto avviene (e con successo!) nella maggior parte degli sport. Vedere “Gli scacchi hanno bisogno di un mondiale ben diverso dagli ultimi tre“.
Il focus di queste righe deve però restare concentrato sulla critica all’elemento fondamentale di una manifestazione che abbraccia (e questo è di per sé già troppo) l’intero anno: l’impianto astruso e arzigogolato del Champions Chess Tour.
Le innovazioni sono sempre ben accette e vanno sperimentate, purché vadano incontro a principi di semplificazione, di linearità, con classifiche ben definite, di facile lettura e di immediata visibilità, dove a vincere è chi taglia per primo il traguardo (e non un ‘ripescato’ che vinca un’asta per un solo secondo!).
Già questa manifestazione parte col piede sbagliato in quanto non identificabile ‘al volo’: è un Champions Chess Tour che cambia denominazione a seconda delle tappe, e alla prima tappa è apparsa quella di Airthing Masters (a ricordarci che il pallino oggi lo ha lo sponsor e tutto il resto viene ‘a latere’).
Leggere poi che non si sa quante volte potrebbero incontrarsi i giocatori nell’arco di uno stesso torneo, e di una specie di “sottotorneo dei perdenti”, di ripescaggi, oppure di un Armageddon nel quale una curiosa asta stabilirà il tempo con il quale si è disposti a giocare con il Nero, e poi di tornei major, di tre divisioni e di double elimination … Beh, manca poco che ‘vince chi perde e perde chi vince’ e poi siamo sistemati … Tutto ciò è (a mio modesto parere) ingiustificabile e non fa il bene degli scacchi ma solo il piacere di pochi eletti e di altrettanto pochi aficionados.
La mia impressione è stata rinforzata, dopo aver letto il post di presentazione scritto da Uberto, più tardi quando ho conosciuto il parere di Antonio: “mamma mia, che guazzabuglio!” e poi quello di Roberto: “mi sono fermato due volte per capirci qualcosa e poi ho ricominciato daccapo”.

Pertanto torno all’inizio di questa chiacchierata. Immaginate di mostrare, a qualcuno che non conosce nulla di sport, un tiro col pallone che finisce dentro un canestro (basket) o dentro una rete più grande (calcio). Questo qualcuno probabilmente apprezzerà, pur da profano, e applaudirà. Ora immaginate di mostrare allo stesso profano, a una persona qualsiasi, uno scaccomatto: questo profano resterà completamente indifferente, almeno alla prima impressione (e forse ad una seconda e a una terza…). Con ciò voglio ribadire che le stesse regole degli scacchi inevitabilmente non possono avere la stessa limpida e immediata percezione di quelle che governano calcio, basket o ciclismo o altri sport.
A proposito di ciclismo e delle novità che debbono periodicamente attraversare uno sport senza rischiare di danneggiarlo, mi piace richiamare queste parole che nel 2020 scrisse Giorgio Sbrissa su BDC-MAG.com: “… Nel complesso il ciclismo si è sempre evoluto sin dalla nascita, ma alcuni percorsi, gare e caratteristiche sono diventate parte integrante del patrimonio di questo sport proprio rimanendo fedeli a se stesse e non cambiando continuamente. Basti pensare ai percorsi delle classiche monumento, che sono gli eventi singoli più seguiti anche a livello di audience. Ma non solo, i loro percorsi attirano migliaia di appassionati ogni anno per cimentarsi proprio sulle orme dei campioni del passato e del presente …”.

In altre parole: la tecnologia ha ovviamente cambiato il ciclismo professionista (dai materiali al cambio elettronico), e diverse regole sono mutate nel tempo, ma il perdurante inossidato successo e la vera forza di questo sport sono le storiche corse quali la Milano-Sanremo, la Parigi-Roubaix o il Giro d’Italia e il Tour de France, alle quali aggiungiamo il sistema immutato scelto per il Campionato del Mondo, manifestazione che dal 1921 ad oggi si svolge e conclude (molto opportunamente!) nella corsa di un sol giorno.
Di conseguenza, affinché gli scacchi possano almeno lontanamente competere col successo degli sport di cui sopra, va per forza tenuto conto di questo aspetto nel momento in cui si stabiliscono gli impianti delle manifestazioni: se anche questi non sono facilmente intuitivi ed elementari, e non abbastanza riecheggiano le grandi tradizioni del passato, ecco che si eleva al quadrato la possibilità che un novizio o principiante riponga gli scacchi per sempre nel cassetto o li metta presto “in eliminazione” dal suo archivio elettronico.
Oggi, purtroppo, la stessa Federazione Internazionale, la FIDE, appare, dopo un secolo di vita, come un gigante con le mani legate e i piedi di argilla. Abbiamo visto già, ad esempio, il suo procedere tentennante nel caso Carlsen-Niemann e sull’intero tema del cheating. Il suo stesso potere è messo in ombra, sia pure solo sul piano organizzativo, dalle iniziative (peraltro apprezzabili) di privati quali Chess(dot)com, che stendono un calendario di manifestazioni annuale, così sostituendo, in pratica, prerogative della FIDE. Sospetto altresì, per inciso, che la ormai prossima sfida per il titolo mondiale, fra Nepomniachtchi e Ding Liren, non abbia quel seguito sui mass media che tante altre del passato hanno avuto.
Da un altro lato la FIDE è seriamente minacciata da eventi politici che potrebbero persino sfociare presto in una clamorosa scissione e nella nascita di una Federazione alternativa, quella russo-asiatica. Insomma, il pericolo è che, prima o poi, si torni ad una frammentazione poco opportuna se non proprio dolorosa.
Sento di avere scarsa voglia di seguire con la passione di un tempo una manifestazione che ha l’astruso impianto di questo Champions Chess Tour; preferirò, piuttosto, divertirmi guardando una partita fra amici del Bar, finché esisterà un Bar che se la sentirà di ospitare due persone che spingono pezzetti di legno su di una tavola. E quando l’ultimo Bar chiuderà, forse ne apriremo uno nuovo con l’amico Roberto, magari in … Via San Giovanni Decollato al Palatino!
Temo, tra l’altro (e andando a sfiorare altri argomenti), che i programmi di Chess(dot)com allontaneranno dagli scacchi anche molti giocatori non di prima fascia, in quanto attorno ad un’organizzazione privata come Chess(dot)com si riuniranno facilmente i migliori giocatori del mondo e quindi vedremo incontri sempre fra gli stessi nomi; le seconde linee rimarranno quasi sempre escluse, le terze linee e i semiprofessionisti avranno vita sempre più dura in quanto sempre meno tornei tradizionali verranno organizzati dalle Federazioni dei singoli Paesi in giro per il mondo. E i dilettanti si accontenteranno di giocare on line. Di questo e di altro ha già parlato Uberto in un bell’articolo dello scorso gennaio, mettendo bene in evidenza come siano scomparsi in tutto il mondo parecchi importanti tornei a cadenza classica: “Come si evolveranno gli scacchi nei prossimi anni?“.
Gli scacchi, se questa prassi organizzativa “privata” insisterà con queste stesse articolate e confuse, cervellotiche, caratteristiche, finiranno col perdere ammiratori e spettatori quali (e fin qui poco male …) il sottoscritto, e migliaia ancora inevitabilmente ne perderanno.
Mi chiedo se ne subentreranno tanti altri, di fans degli scacchi, e forse di più. Non lo so. Ma su quale terreno fertile -mi chiedo- possono attecchire e moltiplicarsi questi altri? Su quello del gioco-scommessa o su quello delle lezioni on-line? Sul divertimento frenetico dei Blitz? Sul fatto che ora si può provare ad essere più furbi e quindi a barare? Sulla circostanza che l’on line sarà (volenti o nolenti) pressoché l’unica e comoda spiaggia degli scacchi? Resterebbero le scuole, è vero, ma è una speranza che gli anni hanno rivelato effimera, almeno in Italia e in specie ai nostri giorni, quando si sente aleggiare addirittura la possibilità che nelle scuole, anziché il gioco degli scacchi, s’introduca l’insegnamento dell’uso delle armi… Mah!
Io, per concludere, dubito assai che la contorta strada intrapresa con il Champions Chess Tour (o con eventuali altri ingarbugliati e bislacchi impianti del genere) sia la migliore per assicurare agli scacchi tante altre pagine degne della loro millenaria storia. Comunque: auguri lo stesso al nostro gioco!
P.S.: la foto sotto il titolo è tratta da Twitter
e da quando i videogiochi non promuovono lo scontro diretto tra persone o squadre di persone, anche in presenza?
La differenza sostanziale risiede nella circostanza che nel videogioco tu interagisci prioritariamente con un dispositivo elettronico, mentre negli scacchi il dispositivo sei solo tu, con la tua mente e contro un’altra mente.
Parole sante, Riccardo.