Uno Scacchista

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Due ragazze iraniane in esilio: un momento di calma nel caos

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Mitra Hejazipour, agosto 2023 (Lionel Royet)

(Uberto Delprato)
E’ stato strano. C’era una certa tristezza, ma anche un po’ di gioia” dice Mitra Hejazipour “Noi siamo riuscite ad uscire dalla nostra nazione e siamo anche riuscite ad entrare a far parte della squadra nazionale di un altro Paese. Ma è triste non poter rappresentare la nostra patria, l’Iran.” Mitra stava parlando della sua partita contro Atousa Pourkashiyan nel match della finalina tra Francia e USA nel Campionato del Mondo a squadre che si è svolto a Bydgoszcz, in Polonia, dal 5 al 12 settembre scorso. Ma stava parlando anche di altro.

Mitra e Atousa sono tra le figure di spicco del movimento scacchistico femminile iraniano che negli ultimi anni hanno abbandonato la loro terra di origine per crearsi una nuova vita altrove: Shohreh Bayat (Aribitro internazionale, emigrata in Inghilterra), Dorsa Derakhshani (che ora vive negli Stati Uniti) e Sarasadat Khademalsharieh (che ora vive in Spagna). Atousa Pourkashiyan, pluri-campionessa iraniana, lasciò l’Iran nel 2022 per gli Stati Uniti, dove ha anche iniziato una vita di coppia con Hikaru Nakamura.

Come Mitra Hejazipour ha raccontato ad Ashifa Kassam (corrispondente di “The Guardian”), la loro scelta di vivere in esilio è la dolorosa conclusione dei lunghi periodi di limitazioni alla libertà di espressione e di partecipazione sociale a cui le donne iraniane sono soggette sotto l’attuale regime politico. Il segnale più evidente, come anche il recentissimo dramma di Armita Garawand dimostra, è l’obbligo di indossare l’hijab, e il gesto di smettere di indossarlo è quasi sempre la conclusione di un lungo percorso di elaborazione che raggiunge il culmine di una liberazione dolorosa e oggetto di tanto violente quanto sproporzionate reazioni.

Nel caso di Mitra, è stato il gesto di Vida Movahed nel 2018 a farla iniziare a riflettere su ciò che era possibile se solo fosse andata via dall’Iran. Dopo la sua fuoriuscita sono seguite ben altre proteste, come quella lunga e sofferta dopo l’uccisione di Mahsa Amini. “Ho passato 26 anni della mia vita in Iran, ho visto come le donne iraniane vengono limitate dalle regole islamiche e i problemi e le sfide che devono affrontare ogni giorno. Non posso essere neutrale dopo tutto quello che ho vissuto.

Atousa Pourkashiyan e Mitra Hejazipour, Settembre 2023 (Michal Walusza, Fide)

L’Iran è una nazione di grande tradizione scacchistica ed anche il suo presente è importante: un enorme talento come Alireza Firouzja, anche lui espatriato in Francia, due Grandi Maestri di prima fascia come Parham Maghsoodloo e M. Amin Tabatabaei che sono in grado, assieme ad altri giovani GM, di portare l’Iran a vincere i Giochi Asiatici di Hangzhou (Cina) poche settimane fa.

L’Iran è anche però una nazione che non ama i propri figli e in special modo le proprie figlie.

Mi spiace di non averlo fatto prima. Anche se non posso tornare in Iran, anche se la mia famiglia è molto lontana e anche se la mia vita è stata difficile quando per anni non ho potuto giocare a scacchi da professionista, … nonostante tutto ciò non ho mai avuto dubbi sulla mia scelta. Penso sia stata una buona decisione” (Mitra Hejazipour).

Le scelte individuali sono spesso difficili e le loro conseguenze talvolta si sviluppano e si diramano per anni. La scelte dei leader hanno conseguenze maggiori e più durature, costringendo in alcuni casi gli individui a sacrifici personali altrimenti non necessari, tanto che sono difficili da comprendere e anche solo da concepire per chi non le subisce.


Scrivo queste ultime parole mentre vedo a Bruxelles arrivare ciò che si alimenta, divampa e ci insegue ben oltre i limiti di una città, di una nazione, di un continente. Le idee diventano azioni; che le cattive idee godano di maggior diffusione e seguito è uno dei più grandi misteri per un povero scacchista come me.

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