Au revoir mes amis
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(Antonio M.)
Oggi voglio portare un pensiero a due amici, con i quali ho condiviso alcuni momenti importanti della mia vita e con i quali ho avuto una passione comune quali erano per noi gli scacchi. Due amici che hanno lasciato un grande vuoto e che questa maledetta malattia ci ha portato via, facendoci ricordare come questo Covid-19 che tanto ci spaventa, tanto vicino ma alla fine sempre sufficientemente distante finché non ci tocca dal vivo, sia pericolosissimo a dispetto di tante teorie negazioniste.
Franco e Peppe, che voglio ricordare sorridenti come nella foto iniziale, se ne sono andati via quasi ad un anno di distanza l’uno dall’altro. Il primo proprio di recente, fine gennaio, il secondo il 30 marzo dello scorso anno, entrambi in maniera inaspettata e veloce, troppo veloce, senza neanche il tempo di dar loro l’ultimo saluto, cosa poi comune a tante, troppe, altre tristi storie.
E voglio iniziare da lui, Franco Mecucci, che conobbi per primo alla fine degli anni Settanta, quando cominciai a frequentare il circolo “Arci Roma 4” di via Monte Epomeo a Roma, sotto la spinta dell’esuberante ed indimenticato Ascenzo Lombardi, grande divulgatore del nostro giuoco soprattutto tra bambini e ragazzi. Non so come iniziò questa amicizia, un poco particolare, visti i vent’anni esatti che ci separavano, ma il suo fare un po’ originale e “misterioso” aveva attirato la mia attenzione.
Franco era un bell’uomo, come si può vedere sempre nella stessa foto, scattata in un’epoca dove lui aveva tutta la freschezza dell’età giovanile, ed era un tipo che piaceva alle donne nonostante non fosse proprio longilineo. Al circolo era famoso per la sua particolarità di venire e stare anche delle ore al telefono, i vecchi telefoni a gettoni con il classico rumore di quando questi venivano inghiottiti dallo scatolotto, e poi a dedicare pochi minuti al motivo, apparentemente, principale de suo stare lì. Il circolo era pieno di persone appassionate ed io ero uno dei più giovani. Niente di paragonabile al Palazzo dei Pionieri di Sovietica memoria, ma con un entusiasmo genuino che faceva di noi degli appassionati del gioco, con dei picchi di presenza che a volte superavano di gran lunga le venti persone!
Franco non aveva un carattere semplice, ma era fondamentalmente un buono. Forse poco incline alle regole ed alle costrizioni, anche perché aveva vissuto in pieno quell’epoca di ribellione e protesta giovanile del famoso Sessantotto, che tanto cambiò l’Italia e l’Europa Occidentale.
Era un idealista, ed in età più matura si fece tatuare su un braccio il volto del “Che”, al secolo Che Guevara, che tanto incarnò un ideale di libertà ed autodeterminazione dei popoli e che trovò la morte per questo.
Non so, io non l’ho mai visto veramente soddisfatto, anche quando ne avrebbe avuto il motivo. Sempre un poco scontento, sempre a cercare quel “qualcosa” che gli mancava, ma qui si potrebbe sconfinare in altri argomenti non pertinenti. Sicuramente si entusiasmava se faceva qualcosa che gli piaceva, ed anche se dal punto di vista scacchistico non ha mai raggiunto livelli superiori ad una discreta categoria sociale, con gli scacchi riuscì per un buon periodo di tempo a fare delle attività che lo appassionarono. Cominciò a giocare per corrispondenza e mi convinse a provare questa esperienza che mi portò all’iscrizione all’A.S.I.G.C., l’Associazione Scacchistica Italiana Giocatori per Corrispondenza. Lui poi si candidò per il consiglio direttivo dell’associazione e venne eletto. E di nuovo, una volta raggiunta la maggiore età, mi convinse a candidarmi per detto consiglio e verso la metà degli anni Ottanta anche io ne divenni un membro.
Le riunioni del Consiglio Direttivo dell’Associazione, almeno una volta l’anno, erano itineranti per l’Italia per incontrare dal vivo i soci. Io ricordo quelle tenute a Bari e a Firenze con la presenza del Presidente Renato Incelli, anche lui indimenticato e faro di un gruppo di persone che riponevano in lui estrema fiducia, per l’equilibrio, la pacatezza e la concretezza di chi aveva il difficile compito di mettere tutti d’accordo perseguendo però gli obiettivi dell’Associazione. Di Renato, oltre ad una sua signorilità di fondo, c’era quel suo essere alla mano e quella sua disponibilità che lo avvicinava agli altri, senza cercare d’imporre il suo pensiero ma cercando sempre di arrivare a delle scelte condivise.
A volte alcune riunioni le tenevamo direttamente a casa sua, favoriti anche dal fatto che almeno la metà dei consiglieri era romana e che lui disponeva di un’ampia sala atta allo scopo. Una delle questioni che più preoccupava il Presidente, e per osmosi tutti noi, era quella dell’organizzazione del Congresso della ICCF, per la quale potevamo candidarci. E via a fare calcoli, proiezioni, ipotesi. Che io ricordi, almeno fino a quando fui parte in causa, il torneo non si organizzò. Io poi lasciai il consiglio direttivo e l’ASIGC, anche come socio, mentre Franco continuò la sua attività fin oltre gli anni Duemila, rimanendo come direttore tecnico dei tornei italiani e cassiere delle relative quote d’iscrizione.
Nel 1981 si gettò anima e corpo nell’avventura di una rivista di Scacchi, idea di Uberto e Riccardo in cui fui anch’io coinvolto. Franco si occupò della parte organizzativa, come la tenuta del conto corrente dove venivano versate le quote degli abbonamenti, e come l’impegno di contattare chi poi ci impaginasse e stampasse le riviste. La rivista uscì per diciassette numeri, dal 1981 al 1984 con il nome di “Zeitnot”.
Il Pasquino con le “pasquinate” di oggi
Creò poi un sito internet chiamato “Filuck e Fidel parole in libertà”, che oggi si potrebbe definire un “Blog”. Era un tentativo di riportare poesie e versi e riprodurli anche con degli audio, anche se il progetto è rimasto per lo più incompiuto. Filuck e Fidel erano i nomi che aveva dato ai suoi due gatti, di cui il secondo ci si può immaginare a chi si riferisse. A lui piacevano particolarmente i sonetti e i versi in romanesco di Belli e Trilussa con la loro caratteristica satira.
Aveva poi preso una passione per i filmati muti dei primi del Novecento, con il progetto di inserire in alcuni di essi dei commenti parlati con le didascalie, in italiano, tipiche dei film muti dell’epoca. Per questo aveva creato un canale su YouTube sempre chiamato “Filuck & Fidel”. Nella sezione “video”, se ne troverà uno dove ha inserito la sua voce a riproporre un commento graffiante ed ironico tipico della satira del popolo romano, come gli scritti di Pasquino e Marforio, le “statue parlanti” di Roma. Naturalmente le statue non parlavano, ma anonimi personaggi, nella Roma papalina dal XVI al XIX secolo e poi successivamente anche in tempi più recenti come vedremo nel video, facevano apparire al mattino testi satirici che posizionavano sulle stesse la notte precedente, diretti a personaggi politici, personalità importanti ed alte cariche pubbliche, financo ad arrivare al Papa, dove si lamentavano i soprusi e le angherie subite dal popolo, dimostrando una sostanziale irriverenza ed avversione al potere.
Giuseppe Arabito l’ho invece conosciuto nei primi anni Novanta all’Enea della Casaccia, un noto centro di ricerca tra Cesano ed Anguillara Sabazia in provincia di Roma, che io frequentavo per lavoro. È questo il motivo delle mie prime visite che mi fece entrare in contatto con lui, un ricercatore che studiava i semiconduttori per i sistemi fotovoltaici.
Dal lavoro, alla condivisione della comune passione, ad un’amicizia, fu un attimo. Lui era una buona Prima Nazionale, ma soprattutto un grande appassionato. Ed io, quando andavo in Enea, cosa che accadeva almeno tra una e due volte a settimana, cercavo di ritagliare un po’ di tempo per incontrarlo, soprattutto nell’ora di pranzo accedendo alla mensa dell’Ente come esterno e dandogli lì, quando per lui possibile, un appuntamento. Ed era un piacere sentirlo parlare e vederlo entusiasta, in primis delle sue ricerche, e poi degli scacchi, sui quali inevitabilmente andavamo a cascare. In laboratorio, invece, mi faceva vedere le macchine che utilizzava per condurre i suoi esperimenti ed io a mia volta rimanevo affascinato nel vedere detti strumenti e nell’ascoltare le sue argomentazioni. In particolare, mi faceva vedere quelli che lui chiamava “sandwich”, che erano delle sfoglie circolari che riproducevano in piccolo dei pannelli fotovoltaici e sui quali faceva le prove per vederne poi i risultati. La sua ricerca consisteva nel trovare i giusti componenti ed accoppiamenti dei materiali per massimizzare la produzione di energia proveniente dai raggi solari. Ed io, per contro, gli mostravo i cataloghi dei prodotti da me trattati, ed in qualche maniera mi piaceva fare a mia volta il “Professore” quando mi chiedeva informazioni su alcuni strumenti. Anche in questo caso, emergeva la sua voglia di capire come funzionavano cercando di andare più a fondo rispetto ad alcune semplici spiegazioni che gli davo, come a voler entrare completamente nei “segreti della posizione”.
Diede l’impulso per la creazione del Circolo di Scacchi di Manziana, di cui divenne presidente, che spostò poi la propria sede a Ladispoli, cambiando il nome in “Alvise Zichichi”. Questo fu uno dei punti più alti della concretizzazione della sua passione e forse il sogno, oltre a quello di diventare Campione del Mondo, di gran parte di noi scacchisti.
Nella villa dove abitava a Manziana creò, in quella che si chiama “sala hobby”, una grande biblioteca dove raccoglieva tutto quanto avesse un collegamento scacchistico, più libri vari, tra cui quelli di fantascienza di cui era un appassionato.
Creò anche lui un sito chiamato “Fantabancarella”, dove si possono scaricare i 42 “Carpe Diem” da lui inventati, che altro non sono che dei PDF, dove ha inserito delle posizioni critiche con l’invito a trovare le mosse migliori; ognuno di essi ha un tema dedicato, ad esempio nel numero 41 è: “Fuga spettacolare”. A parte la fantasia e la passione solo per ideare una cosa del genere, è da notare che le posizioni vengono tratte dalla sua prassi agonistica e da quella dei giocatori del circolo, con posizioni veramente interessanti e colpi tattici a sorpresa, a volte anche di una certa complessità. Il numero 10 di “Carpe Diem”, venne ospitato nel mensile d’informazione periodica della ASIGC, la Newsletter numero 34 di marzo 2014.
Il sito è dedicato agli scacchi, alla fantascienza ed alla bibliografia in genere, e lì si faceva chiamare con lo pseudonimo de “Il Custode”, e con questo ha scritto anche un racconto, “Il Grande Blu”, che aveva diviso in tre parti, indicando sulla sua pagina Web i link che rimandavano all’indirizzo dove erano state pubblicate. Inviò poi una E-mail nel 2019, dove parlava di questo suo scritto di cui di seguito riportati alcuni versi:
“Guardai avanti, mi spinsi nel vuoto e volai nel Grande Blu.
Non c’era nulla, se non il blu.
Nulla sopra, nulla sotto, nulla attorno. Solo il Grande Blu mi circondava…”
E questo quanto scriveva nel proseguito della mail: “Inizia così il mio racconto “Il Grande Blu”, appena uscito su “scubaportal.it” https://www.scubaportal.it/grande-blu-parte.html. È tratto dal libro “ANNI DI ENEA. Vita di un ricercatore e retroscena nucleari” che mi accingo a pubblicare. Ti farò avere notizie appena pronto. Un abbraccio, Giuseppe Arabito”
Certo, solo ora mi balza agli occhi la coincidenza della somiglianza tra il titolo di questo racconto e quello scelto da Uberto per commemorarlo qualche giorno dopo la sua scomparsa, “Planet earth is blue…“, in un rapido post deciso e confezionato in un momento in cui mi sentivo ancora troppo coinvolto per dare il mio apporto alla sua stesura in maniera serena.
Peppe ha scritto poi dei post per il blog di Uno Scacchista, sempre con lo pseudonimo de “Il Custode”, e su “Torre & Cavallo” un bel pezzo su David Bronstein, link che ho trovato sul sito Web del circolo Alvise Zichichi.
Nel gioco, a lui piacevano i gambetti, tra cui quello che io giocai anche a livello magistrale: “Il Gambetto Morra” contro la Difesa Siciliana. E nelle analisi delle partite, inventò la simpatica parola il “Mossoniko” (io la immagino scritta così, con il “K”), che lui intendeva essere la mossa decisiva, quella che non ammetteva repliche.
Infine, non poteva mancare una sua partita, quella che si può definire la sua “Immortale”, magari non correttissima ma con tante idee di cui notevole quella che ha portato all’undicesima mossa del Nero, giocata in bello stile contro un forte avversario, in un torneo per corrispondenza, sempre della ASIGC, che si svolse dal 15 luglio 1991 al 14 luglio 1993. La partita apparì su Tele Scacco 1999/03, con alcuni suoi gustosi commenti parlati. Per inciso il torneo fu a cinque giocatori e Peppe vinse con un bel 6 su 8.
Non rimane che il triste momento degli addii a due persone sconosciute ai più, che hanno però, nel loro piccolo, dato il loro importante apporto al movimento scacchistico italiano. Due grandi amici che sono andati via in silenzio, ai quali voglio dare un saluto nella lingua francese, non per esterofilia, ma perché in questo caso la gentilezza di questo idioma, che ha qualcosa di melodico, rende il tutto più lieve, almeno alle mie orecchie, con un addio scritto in maniera più dolce.
Au revoir mes amis.
Complimenti Antonio. Ricordare è importante ! Ricordare chi ha fatto con noi un tratto di vita.
Grazie Lucio. Sì, il ricordo è importante per ogni persona. Ci permette di ritornare con la mente a fatti del passato che magari sono sbiaditi, ma che mantengono intatte le emozioni vissute. Ed il ricordo di persone che non ci sono più, invece, è un po’ come farle rivivere dentro di noi. Come ha scritto Ugo Foscolo: “Un uomo non muore mai se c’è qualcuno che lo ricorda”.