Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Scacchi in versi

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«Pieza Tocada» di Héctor Oscar Santos (immagine creata dall’autore)

(Mario Spadaro)
Le mie poesie non sono impegnative, non sono ermetiche, non si ispirano al postmodernismo, ed io non sono un devoto seguace dell’ostentazione, compongo invece senza pretese, versi semplici e modesti che nel caso specifico potrebbero definirsi come «gli scacchi in poesia spiegati al popolo» (almeno questa è la mia intenzione), perché facilmente comprensibili da tutti.

La mia è una poesia spontanea, libera ed indipendente, quindi non sottomessa con rigore alla metrica di endecasillabi, settenari ed ottonari, che emerge quando le pare e dice ciò che le piace.


Intanto inizio col presentarmi.

BIOGRAFIA

Mi presento da educato, io Spadaro son nomato
solo Mario allorquando un amico va chiamando,
ed in questa circostanza, con la rima e l’assonanza,
a conoscermi vi invito, auspicando sia gradito.

Proferisco senza infamia, nacqui in sicula Catania.
Mongibello e l’elefante mi estasiarono da infante.
Sviluppato ragazzino studiai greco e pur latino,
l’italiano mi piaceva e la storia mi avvinceva.

Seguitai ad imparare per laureato diventare.
Dalla patria fui chiamato quale militar soldato.
Terminata l’istruzione lavorai con convinzione,
guadagnandomi il lunario nel settore del bancario.

Nel frattempo mi sposai e la prole venne assai.
A mia moglie sempre unito, giovanotto o raggrinzito.
Da diversi anni ormai in paese mi spostai,
e una vita più tranquilla vi conduco stando in villa.

Per smorzar ansie ed affanni gioco a scacchi da più anni.
Mi rilassa, è un linimento e lo stress poco lo sento.
Allenando il mio cervello affrontando questo o quello,
mi mantengo in esercizio e mi passo anche lo sfizio.

Con i Festival mi diletto a saggiare il mio intelletto
ed in alcuni tornei ho giocato con discreto risultato.
É il momento del commiato, son rimasto senza fiato,
chiudo allor questi sonetti e vi porgo i miei rispetti.


La seguente poesia prende lo spunto da una partita per esortare alla pace.

LA PARTITA A SCACCHI

Sulla scacchiera all’uopo preparata,
l’avvincente partita è già iniziata
e l’apertura annuncia l’avvisaglia,
di quella che sarà dura battaglia.

Ma sia col bianco oppur col nero
senz’altro qui il conflitto non è vero,
bensì rievoca un modello simulato,
unicamente dal cervello elaborato.

Mai siam nemici ma solo avversari,
quando ci scontriam coi nostri pari
e con destrezza gli eserciti di legno,
lungimiranti dirigiamo coll’ingegno.

Concentrati all’attacco od in difesa,
aneliamo di aggiudicarci la contesa,
sforzandoci di cercare il miglior tratto,
al fine di realizzar lo scacco matto.

Certamente non vi è riserva alcuna
nel dir che questo gioco ci accomuna
e quando la gara finisce e tutto tace,
da amici ci lasciamo in santa pace.

Sarebbe bello per l’umana gente,
risolver le controversie con la mente;
niente più guerre con morti e feriti,
giochiamo a scacchi e restiamo uniti.


Con la stessa impostazione ho ideato anche la prossima (un invito all’amicizia ed alla socialità).

IL TORNEO DI SCACCHI

Nel salone del torneo son sistemate
le scacchiere sui tavoli, approntate
con gruppi di pezzi bianchi e neri,
simulacri di re, regine e alfieri,

di cavalli, di torri e di fanti,
ed accanto orologi equidistanti.
Gli scacchisti varcano l’ingresso
leggendo il bando in bacheca emesso:

«Solenne avviso per tutti i giocatori:
tablet e cellulari vanno lasciati fuori.
Regola generale: ad inizio di partita
ed al termine, comunque sia finita,

il nostro antagonista salutiamo
e lealmente la mano gli stringiamo.
Alla fine per i più bravi concorrenti,
vi saranno plausi e premi eccellenti».

Seguono scritti i vari accoppiamenti,
che lasciano alcun delusi altri contenti.
Poi ciascun si reca al posto assegnato,
sedendosi chi di sponda e chi di lato.

Si smorza ogni rumore e immantinente,
cala il silenzio in mezzo a quella gente
ed ecco, ad alta voce l’arbitro annuncia:
«Bianco in moto!», ed il torneo comincia.


Calliope musa della poesia epica (fonte Wikimedia [link])

Scrivo versi (ed anche prosa) saltuariamente come passatempo, per divertimento e quando ho un’ispirazione che stimola l’estro; questa è una parodia di una poesia più celebre:

PARAFRASANDO IL MATTO DI LÉGAL



Il matto di Légal

1.e4 e5 2.Cf3 Cc6 3.Ac4 d6 4.Cc3 Ag4
5.Cxe5 Axd1 6.Axf7+ Ke7 7.Cd5#

Scacchisti, udite! Un’immortal tenzone
In brevi tratti il verso mio dipinge;
Inoltra il Re dei Bianchi il suo pedone,
Quel del Re Nero contro a lui si stringe.

L’assalta un Cavalier; ma gli si oppone
Quel della Donna e i colpi suoi respinge.
Alla quarta d’Alfier l’Alfier si pone,
La Donna il suo pedon d’un passo spinge.

L’altro Cavallo accorre. Al primo e’ sopra
l’Alfiere e il preme. Egli il pedone uccide,
Benche’ al nemico acciar la Donna scopra.

Ed essa muor, ma non indarno. In fallo
Cadde il duce dei Neri: ei non previde
Scacco d’Alfiere e matto di Cavallo.

Parafrasando Légal con Blackburne

1.e4 e5 2.Cf3 Cc6 3.Ac4 Cd4 4.Cxe5 Dg5
5.Cxf7 Dxg2 6.Tf1 Dxe4+ 7.Ae2 Cf3#

Udite, udite amici! Un’astuta variante
vi svelo, ovvero una trappola nefasta.
Il Re bianco avanza di due case il Fante
ed il Re nero la mossa col suo contrasta.

Salta il Cavallo del Re, a lui s’accosta
quello della Donna nera e l’intralcia.
Alla quarta d’Alfier l’Alfiere sosta,
alla quinta di Donna il Cavallo scalcia.

Il Cavallo balza sul Fante e lo uccide,
la Donna in quarta di Cavallo scende,
il Cavallo anche il Fante d’Alfier elide.

Ora il Fante la Donna mangia senza fallo,
fugge la Torre; con scacco la Donna prende,
l’Alfiere para, ma segue matto di Cavallo.

Tommaso conte di Cambray-Digny Mario Spadaro borghese dell’Etna

In quest’altra sono prodigo di consigli per coloro che vogliono migliorare nel gioco (inizio con le reazioni mentali ed emotive, accennando poi ai dati tecnici: apertura, centro, strategia, tattica, finali).

CONSIGLI PER VINCERE A SCACCHI

Si richiede il mio parere per le cose da sapere,
sul simbolico certame che diletta uomini e dame?
Rendo grazie, son commosso se di scacchi dire posso;
son foriero di precetti, spero siano ben accetti.

Necessaria è l’attenzione, serve a vincer la tenzone;
in mancanza, lo scacchista può incappare nella svista.
L’ansia poi è da bandire, se vincente vuoi finire;
ti fa far tratti scorretti quando meno te lo aspetti.

Calma e concentrazione, sono un freno all’emozione.
La fantasia non guasta, devi averne quanto basta.
Essenziale è l’apertura, scegli quella più sicura;
vien funesta la giocata, adottandone una errata.

Se ne usi una bruttina, vai incontro alla rovina,
con partenza malsicura, ogni mossa è una tortura.
Non è il caso di scherzare se vuoi primeggiare,
cura bene il repertorio e allontani ogni mortorio.

Lo stile è bivio personale: chi ama il posizionale
e chi invece è più certo, in quello a gioco aperto.
Nel centro, con pazienza agisci e senza irruenza;
giova molto raziocinio per ottenere il predominio.

Non è vana diceria che è basilar la strategia,
e una tattica riuscita ti fa vincer la partita.
I finali devi studiare e contento puoi restare,
hanno regole risapute con le mosse già compiute.

Imparando con costanza colmerai la tua ignoranza,
e unendo pratica a teoria raggiungerai l’armonia.
Un bel gioco potrai sfoggiare e le contese tutelare
nulla al caso delegando, fai così e vai oprando.


Una concitata partita lampo nella quale il giocatore che sta per vincere, perde per il tempo!

PARTITA BLITZ

Il lesto concorrente,
fulmineo aggressore
del rivale opponente,
con grande furore
e frenetiche mani,
ratto muove i pezzi,
esegue i suoi piani.
Con tutti i mezzi
avanza spedito,
tratto dopo tratto
attacca agguerrito
in cerca del matto.
Scruta all’istante
e ricerca fidente,
qualunque variante
risulti vincente.
Assalta repentino
il re arroccato,
pare già nel mirino
l’obiettivo ideato.
L’avversario è mogio
la vittoria vicina,
ma guarda l’orologio,
e cade la bandierina!


Nella successiva ho trovato ispirazione in Trilussa, maestro nel descrivere personaggi particolari.
I circoli di scacchi sono frequentati da individui con caratteristiche diverse, ed a volte anche da persone di questo genere:

IL MILLANTATORE

Al circolo veniva quasi ogni sera
e sedendo degli scacchi al tavolino,
tirava fuor dalla tasca un taccuino
con le partite scritte a penna nera.

«Con questa il 1° premio ho vinto
a Bugliano», con enfasi ripeteva
rivolto a chi ancor non lo sapeva;
ma nella spiegazione era succinto.

«Poi con quest’altra ho trionfato
ad Ombrosa», seguitava entusiasta
raccontando ciò che tenea in testa,
e forse nella notte avea sognato.

Ma se gli si proponeva di giocare
una partita, tosto in piedi balzava
dicendo che la moglie lo aspettava,
perciò non c’era tempo per restare.

Vinse tornei? Fantasie di mente!
Ostentava pure le analisi tratte
dalle partite che non aveva fatte,
come se avesse giocato veramente.

Alfine prese il matto del barbiere!
Una volta che appena era arrivato,
da un ragazzino fu subito sfidato
e non poté neanche dire «miserere».

Si alzò, abbottonò la giacca blu
e salutando tutta la compagnia,
asserì «Mi aspetta la moglie mia»,
ma dal quel dì nessun lo vide più.


Tempo fa lessi una poesia intitolata «Pieza Tocada» realizzata da Héctor Oscar Santos, scrittore argentino ed autore di diversi libri tra cui «Lunfardeando en los noventa», opera in cui è contenuta.

«Pieza Tocada» di Héctor Oscar Santos
(immagine creata dall’autore)

In questa composizione l’autore ha usato termini dal lunfardo, gergo usato nella lingua popolare e diffuso nel castigliano dell’Argentina.

Questo tipo di slang iniziò a Buenos Aires e nei suoi dintorni nella seconda metà dell’Ottocento con il grande contributo delle diverse immigrazioni, soprattutto quelle italiane, diffondendosi rapidamente ed il suo uso era comune nei testi di tango.

Ne ho fatto la traduzione in italiano, ma il risultato non lo ritengo soddisfacente, perché in un’altra lingua perde molto della sua originalità e scorrevolezza ed anche nel significato di alcuni termini; poiché giudico validi i concetti generali, ho scritto a modo mio una nuova poesia di sana pianta:

PEZZO TOCCATO DEVE ESSER GIOCATO

Pezzo tocco pezzo mosso
lo ripeto a più non posso,
è una regola importante
e non esiste attenuante.

Non si pensa con le mani,
un cervello hanno gli umani
per riflettere e stimare
quel che poi si deve fare.

Prima valuta il tuo tratto
meditando se è ben fatto,
dopo agisci in conclusione
e non avrai ripercussione.

Se tu inverti gli elementi
ti verranno i pentimenti.
Segui l’ordine preciso
e giammai sarai indeciso.

Negli scacchi e nella vita
tale usanza va seguita,
perché quanto già compiuto
non può esser ripetuto.


Il rapidissimo progresso della tecnologia, elargisce molte cose buone ed altre che, usate male per frodare, sono risultate nocive infettando il nostro gioco.

Questa poesia è un J’Accuse contro un immaginario scacchista che gioca in maniera disonesta, ma che è stato scoperto.

CONTRO IL CHEATING NEGLI SCACCHI

Tu che avesti l’ardire di macchiare
l’onore ad un gioco nobile e sincero,
prevalendo con l’inganno menzognero,
ormai nessuno più potrai imbrogliare,

poiché non ritenuto degno di giocare
insieme a tutti gli altri appassionati.
Vivrai con quelli che sono emarginati,
pertanto ogni speranza puoi lasciare.

Porti in fronte il marchio dell’infame
e dovrai rendere conto del misfatto,
niente scusanti fingendo d’esser matto,
perché vieni bandito a vita dal reame.

Ti stanno aspettando pure in Tribunale,
per truffa con danni morali e materiali.
Per un po’ abiterai con altri criminali
pagando il debito di quanto fatto male.

A scacchi si deve giocare in modo onesto,
corretto e colmo di lealtà e cavalleria;
pertanto non è tollerata alcuna anomalia
e un comportamento esemplare è richiesto.

Questo gioco serve a formar la gioventù
insegnando, non intrallazzi fraudolenti,
frodi, mistificazioni e ascosi espedienti,
ma principi sani, corretti e altre virtù.


Concludo con una breve riflessione: una delle cose più belle che possiamo fare nella vita è lasciare un buon ricordo.

MEDITAZIONE

Quando all’avversario cede il perdente,
e mesto gli porge la mano lentamente,
i pezzi son riposti nella scatola di legno,
confusi non badando al rango di quel regno.

Nel mondo al termine di ciascuna esistenza,
ricco e povero, l’incolto e chi ha sapienza,
il buono ed il cattivo, il modesto e l’altero,
alfine sono sepolti tutti insieme al cimitero.

Come gli scacchi dopo che è avvenuto il matto?
Magari fosse così, purtroppo niente affatto!
Loro possono esser ripresi per altra partita,
noi abbiamo una sola opportunità garantita.

Per questo non dobbiamo sciupare l’occasione,
lasciando a chi rimane una bella sensazione,
tutte le volte in cui di noi si farà memoria
di quanto operato con condotta meritoria.

—–***—–

Or però sorge il sospetto
che ho stancato, ergo smetto.
Chiedo venia e più non dico
vi saluta il vostro amico.

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