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Centenario: 1923, la partita a scacchi viventi di Marostica

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Marostica 1923, la partita a scacchi viventi sulla piazza antistante il Castello Inferiore

(Claudio Mori)
La Grande Guerra era terminata ma l’Europa aveva continuato a ribollire come una pentola di fagioli sopra il fuoco. Antichi imperi distrutti, tragedie monumentali, equilibri precari, confini in bilico, e immani sforzi per guadagnare l’indipendenza, ricostruire, modernizzare. Ed eccoci al 1923.

In Italia tra bastonate, arresti e uccisioni degli oppositori da parte dei fascisti, al potere dall’anno precedente, la FIAT era entrata nell’azionariato del Football Club Juventus, Italo Svevo aveva pubblicato La Coscienza di Zeno, e il governo aveva limitato la libertà di stampa. Il cinema era muto.

Negli Usa veniva fondata la Walt Disney Company e sulle colline di Los Angeles compariva la scritta Hollywood a caratteri cubitali.

Francesco Pozza (dal libro a cura di G. Parise “La partita a scacchi di Marostica“)

Francesco Pozza in quel 1923 era un giovane di vent’anni, brillante studente di chimica pura e di botanica a Genova, che trascorreva tutto il tempo che poteva al suo borgo, Marostica, cinta dalle mura medievali serrate da due castelli come ganci di una gemma vicentina.

Era un ipercinetico organizzatore di feste, di carri carnevaleschi, di balli in costume, di baldorie goliardiche. Qualunque cosa pur di vincere con gli amici di sempre la sonnolenza paesana, la noia di un’estate appiccicosa.

I ragazzi dagli occhi di speranza e le ragazze dalle labbra di ciliegia e dall’alito di caramella stavano riparati all’ombra dei portici su due lati della piazza. La voglia di divertirsi, di continuare a giocare. E Pozza e i suoi più stretti amici un’idea dovevano farsela venire.

Il Re piangente, cartolina creata dal pittore Mario Simoni a sostegno delle spese per organizzare la partita

Così la domenica 2 settembre la piazza antistante il Castello Inferiore diventò una scacchiera sulla quale una gioventù malata d’amore e di bei sogni si esibiva in una partita a scacchi in abiti trecenteschi presi in prestito dal Teatro La Fenice di Venezia, scarpe e parrucche raccattate a Milano. Bandiere bianche da una parte, nere dall’altra. Giocavano e basta.

Marostica 1923, la partita a scacchi viventi sulla piazza antistante il Castello Inferiore

Una festa di piazza, popolare, innocente, muta, se non per gli ordini delle mosse ai pezzi umani urlate dal Pozza a cavallo, imprigionato in una soffocante armatura, come una sardina in scatola. Un gran lavoro di pubblicizzazione dell’evento era stato fatto.

Sugli spalti sindaci, autorità, il generale Gaetano Giardino, maresciallo d’Italia, l’ingegner Luigi Milani, presidente della Federazione Scacchistica Italiana (FSI). Posti a sedere Lire 5.

La piazza è sorvolata da un biplano. Il pilota, sciarpa che svolazza, guarda in basso e lancia sulla folla bigliettini augurali, come D’Annunzio su Vienna, fatte le debite proporzioni. La banda del Lanificio Rossi di Schio suona sul palco. Il pubblico è entusiasta.

Non ci voleva molto per divertirsi, nel 1923. La sera, un corteo colorato sfilò con la banda per le strade al lume di torce e di bengala che sfasciavano la notte. Più tardi si sarebbe ballato il foxtrot, mentre la luna avrebbe parlato delle carneficine a venire. In America nasceva il charleston.

Da dov’era sbucata l’idea di una partita a scacchi? Forse “per aver letto di qualche spettacolo caratteristico in costumi medievali, come il palio di Siena”, scriverà Pozza il 9 dicembre 1953 all’amico Gino Crivellaro. O forse da una recente esibizione carnevalesca a Bassano dei soliti goliardi travestiti da soldati spagnoli. Chissà. In ogni caso non da Una partita a scacchi di Giuseppe Giacosa. Nemmeno gli era passata per la testa, a Pozza.

Pozza conosceva il gioco, non improvvisava. Scelse infatti l’Immortale, la partita disputata nel 1851 presso il ristorante di Londra Simpson’s in the Strand tra il tedesco Adolph Anderssen e l’estone naturalizzato francese Lionel Kieseritzky, tra i migliori giocatori dell’epoca. Scacco matto di Anderssen alla ventitreesima mossa dopo aver sacrificato un alfiere, due torri e la regina. Anche se “a cose fatte, ci accorgemmo di averla scelta (la partita, ndr) troppo breve”, dice ancora Pozza a Crivellaro.

Pozza era probabilmente al corrente dei momenti scacchistici più importanti dell’epoca, dei successi del campione del mondo José Raùl Capablanca e di quello italiano Stefano Rosselli Del Turco.

Stefano Rosselli del Turco, L’Italia Scacchistica 1923

Viveva nella terra di Carlo Salvioli (1848-1930), notaio veneziano e ottimo scacchista, presidente onorario della FSI costituita nel 1920, autore del primo volume italiano dedicato alla trattazione sistematica delle aperture, Teoria e pratica del giuoco degli scacchi, prima edizione pubblicata nel 1885, poi ripresa nel 1899 e ancora nel 1913.

E veneziano d’adozione, armatore, era l’ungherese di origine Eugenio Szabados (1898-1974), altro importante scacchista della scena nazionale e veneta, che proprio alla fine del mese di agosto 1923 aveva iniziato l’importante Torneo Internazionale di Scacchi di Trieste. Si classificherà secondo nel torneo principale, a mezzo punto di distanza dai due vincitori ex equo, i triestini Formanek e Ferrari.

Eugenio Szabados (1898-1974), L’Italia Scacchistica Ottobre 1955

Notevole eco aveva avuto ancora in questo 1923 il ritorno in Italia, dopo nove anni, di Aleksandr Aleksandrovic Alechin (1892-1946) per una serie di esibizioni. Fece tappa a Milano, il 23 marzo, e a Torino, il 24 e 26, tra un cocktail e l’altro, l’abito impregnato dell’odore delle sigarette bruciate come le donne che sposava e da cui divorziava poco dopo. Aveva 31 anni, sanguigno, occhi penetranti come aghi. Da dieci anni si confrontava nei tornei in giro per l’Europa con risultati alterni.

Le esibizioni simultanee, alla cieca, erano il suo guadagno da mercenario. Come Philidor al Parsloe’s Club di Londra che si esibiva per 6 scellini a spettatore. A Milano Alechin sfidò quattro coppie di giocatori, perdendo solo una partita. A Torino s’impegnò prima contro quattro terne di avversari alla cieca, vincendo, e successivamente giocò dieci partite alla cieca ottenendo sei vittorie, due pareggi e due sconfitte.

Il quotidiano La Stampa tra l’altro riportò: “[…] Alla sera dello stesso giorno gioca una partita contro Canal (Esteban Canal, peruviano trapiantato in Italia, classificatosi secondo nel 1923 al Torneo Internazionale di Trieste, ndr) a parità di condizione: è un gioco piano che si prolunga fino alle sei del mattino, dopo circa cento mosse: solo alla fine il grande Maestro moscovita vince il geniale Peruviano[…]”. Il critico musicale e abile scacchista americano Harold C. Schönberg definirà Alechin “lo scacchista più immorale di Richard Wagner e di Jack lo squartatore”.

 “[…] Dopo aver spiegato che si trattava della sola partita senza cioè il contorno – diremo così – di appoggio artistico e dialogato, spiegavo che l’idea non mi venne dalla famosa Partita a Scacchi di Giacosa, con la quale quella mia di Marostica nulla aveva a che fare”, insisterà Pozza anni dopo, il 21 dicembre 1971, con un altro amico, Giovanni Nicolli. [L’opera di Giacosa] non è mai riuscita a commuovermi, anzi! È vero, si tratta di una leggenda, ma anche le leggende devono avere un minimo di credibilità, che non trovo assolutamente, invece, in quest’opera”, specificherà nel saggio “Storia di tre partite a scacchi”, pubblicato solo nel 2019 in occasione del quarantesimo anniversario della morte.

Ci teneva proprio Pozza a prendere le distanze dalla commedia di Giuseppe Giacosa, andata in scena giusto cinquant’anni prima a Napoli. Un atto unico romantico, che dichiaratamente trae ispirazione dal poema epico trecentesco di anonimo sulle avventure di Huon de Bordeaux, rispetto al quale però amputa la dimensione carnale, erotica, come la castrazione di un gallo.

Nel poema francese la figlia di un ammiraglio musulmano è furiosa perché ha perso a scacchi sperando di portarsi a letto Huon il quale, invece, rinuncia a lei. “Se io avessi saputo come andava a finire, ti avrei dato lo scacco matto” urla di rabbia l’infoiata damigella. Giacosa la butta invece sul melenso, sul sentimento amoroso tra Iolanda e il paggio Fernando, coronato da nozze benedette.

Una storia che si ripete in molte declinazioni. In una serie di affreschi sulle pareti di una camera da letto di Palazzo Davanzati, a Firenze, la Castellana di Vergi, duchessa di Borgogna, con la scusa di una partita a scacchi approfitta dell’assenza del marito per sedurre messere Guglielmo.

In realtà nella novella epica francese composta intorno al 1250, cui gli affreschi fiorentini si ispirerebbero, le cose andarono diversamente, senza alcuna conquista amorosa ma con la morte per crepacuore della castellana e il suicidio del cavaliere innamorato.

Pure Boccaccio raccontò la vicenda a conclusione della terza giornata del Decamerone: Dioneo e la Fiammetta cominciarono a cantare di Messer Guiglielmo e della Dama del Vergiù; Filomena e Panfilo si diedono a giucare a scacchi; […]”

Copertina della Domenica del Corriere del 10 giugno 1923, raffigurante una partita a scacchi viventi a Compiègne, Francia

Letture cavalleresche a parte, Pozza ebbe più di un’occasione di imbattersi in notizie di partite a scacchi viventi la cui epoca d’oro, iniziata nell’800, non si era ancora esaurita. E di prendervi ispirazione. Solo pochi mesi prima della sua partita, il 10 giugno, La Domenica del Corriere aveva messo in copertina un disegno di Achille Beltrame raffigurante una partita a Compiègne, la cittadina al nord della Francia dove nel novembre 1918 era stato firmato l’armistizio con la Germania ponendo fine alla Prima Guerra Mondiale.

La didascalia sotto il disegno riporta: “Una strana partita a scacchi a Compiègne, in Francia, un’originale contesa oppone 175 cavalieri in costume rinascimentale. […]”

Ancor prima, nel 1920, un altro disegno di Beltrame sulla Domenica del Corriere aveva raffigurato una partita giocata da attori al Metropolitan di New York. Queste manifestazioni si svolgevano un po’ ovunque, in Europa e negli Usa. Cambiano i costumi, cambiano i pretesti celebrativi ma l’intenzione teatrale, folkloristica, resta la stessa.

Così anche la copertina del Gazzettino Illustrato. Settimanale delle Tre Venezie la domenica del 9 settembre 1923 rese omaggio alla partita di Marostica. Ecco la didascalia: “Una pittoresca scena medievale a Marostica. La ridente borgata ai piedi delle Prealpi vicentine ha voluto, domenica scorsa, riesumare, incorniciandolo sullo sfondo del suo turrito castello, e delle sue fulve mura merlate, un episodio di vita medievale: una partita a scacchi in cui le pedine erano sostituite da figure viventi in sfarzosi costumi del tempo. Come appare nella nostra fotografia, due valorosi giocatori, Polo di Ferrara e Salvioni di Verona, dirigevano su una comune scacchiera la partita le cui mosse erano ripetute dalle figure viventi. La vittoria arrise al bianco. Oltre diecimila persone assistettero al caratteristico spettacolo”.

La copertina de Il Gazzettino Illustrato del 9 settembre 1923 con la notizia della partita di Marostica (dal libro a cura di G. Parise “La partita a scacchi di Marostica“)

Il parroco del paese, Don Mario Geremia, approfittò di quell’inaspettata manifestazione marosticense per iniziare, con la scritta MAROSTICA a ricordo giorno della “Partita a scacchi in costume del 300″ 2 -9 – 1923, sul retro della cartolina di Simoni, una sorprendente raccolta di cartoline e annulli a tema scacchistico fino al 1973, ancora oggi tutta da catalogare.

Il retro della cartolina del 1923 a ricordo della “Partita a scacchi in costume del 300

“Così, almeno, i cittadini di Marostica avranno una testimonianza scritta dell’origine della manifestazione ed insieme conosceranno i precedenti storici e letterari, cui può essere riferita e che io, quando ideai la mia, di proposito ignorai, tenuto conto dei tempi e dei mezzi a mia disposizione”, insisteva ancora Pozza con Niccolini. Perché di proposito aveva fatto di testa propria guardando solo le mura medievali e ascoltando il dialogo tra i due castelli che si guardano a protezione del borgo. Ignorando, di proposito, suggestioni romantiche, rinascimentali.

Mentre in Italia il fascismo si aggrappava all’identità nazionale, a una funesta politica di potenza, in Germania la Repubblica di Weimar tentava, navigando in acque tempestose, di costruire una democrazia liberale. E a Weimar nacque l’istituto statale del Bauhaus, momento straordinario per l’arte e il design che influenzò tutto il Novecento.

Nell’estate del 1923 lo scultore Joseph Hartwig, insegnante del Bauhaus, propose un set di scacchi minimalista che costituirà una rivoluzione nella rappresentazione dei pezzi astratti, come un colpo di sciabola, tremendo, che separa irreparabilmente il prima e il dopo. Gli scacchi diventano pure forme al servizio della funzione. Irripetibili.

Sono passati cent’anni da quella prima partita a scacchi sulla piazza antistante allo scaligero Castello Inferiore di Marostica. Non fu l’unica, certo. Sarà infatti reinventata nel 1954 dall’architetto e scenografo Mirko Vucetich (1898-1975).

Cartolina della Città di Marostica 12 Settembre 1954
‘Partita a scacchi in costume a personaggi viventi’

La volle sfarzosa, aderente a tutti gli stilemi rinascimentali, all’esaltazione dell’amore attraverso un duello cavalleresco, al mito della Serenissima. Una favola ambientata nel 1454 che nel tempo è diventata tradizione, rito che si ripete ogni due anni negli anni pari. Un’altra storia, che non esisterebbe senza Francesco Pozza.

Ora è quel 1923 che emerge in bianco e nero dal silenzio, che torna per un anno protagonista assoluto di Marostica, di quel primo gioco a scacchi viventi che con la sua carica utopica continua a cambiare il modo di vivere, di rappresentarsi, di svilupparsi della cittadina. E che l’ha resa famosa.

Quel peccato di gioventù del 2 settembre 1923 conserva la sua capacità inesauribile di fecondare il futuro. Ieri, 1954, con lo spettacolo mandato in scena da Vucetich. Oggi, 2023, con la creazione nelle sale del Castello Inferiore scaligero del primo Museo Internazionale di Scacchi voluto da un ente pubblico.


Testi da segnalare:

Casentini, Piero, La partita a scacchi di Marostica, Acta Historiae, 2011
Consolaro, Mario, Marostica, Storia e leggenda, 1a ediz. 1974
Frescura, Bernardino, Marostica, pagine di memorie e di ideali. Numero Unico a ricordo della prima partita a scacchi, Marostica 2 settembre 1923, Genova 1923
Gerolimetto, Cesare, Cortese, Giandomenico, Muraro, Giuseppe A., Marostica. La partita a scacchi, Biblos 2002
Parise, Giovanni, La partita a scacchi di Marostica: origini, storia, leggenda, sviluppi e prospettive future, Dal Maso, 2019
Tonioli Serafini, Lidia Marostica Scacchi nel XX Secolo Circolo Scacchistico Città di Marostica, Bertato, 2000
Vucetich, Mirko, Partita a scacchi, Pro Marostica, 1955
Xausa, Roberto Avvegnaché, havendo ne li tempi andati. Marostica. Storie e immagini, racconti e fantasie sulle vicende della partita a scacchi a personaggi viventi dal 1923…, Dal Maso, 2014


 

Claudio Mori, giornalista

 

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