Carlsen: “Oggi gli scacchi non sono più arte e scienza”
(Uberto Delprato)
Pochi giorni fa, in una lunga conversazione col noto e seguito youtuber statunitense Joe Rogan, Carlsen ha parlato di molti aspetti degli scacchi moderni, sia tecnici che agonistici. Non sono mancati gli inevitabili riferimenti al cheating e a Niemann (non c’è intervistatore statunitense che non ponga queste domande), ma la parte che mi ha più interessato è l’opinione del norvegese su come stiano cambiando gli scacchi grazie (o a causa) del facile accesso a informazioni e motori di analisi.
Da parte mia, ho parlato di questi argomenti nel mio intervento durante il recente “Siena fa Scacco Matto“: mi era stato chiesto di commentare la situazione attuale per ciò che riguarda il problema del cheating e, con mia sorpresa (e una piccola dose di compiacimento), Carlsen ha descritto il punto a cui si è arrivati, e come ci si è arrivati, usando i miei stessi argomenti (citando addirittura anche lui il famoso scandalo del capitano e di un giocatore della squadra francese alle Olimpiadi del 2010). A prescindere dal caso-Niemann, che sarà anche oggetto di un documentario Netflix di prossima uscita durante il quale Carlsen esporrà le sue ragioni, le conclusioni sul cheating sono sempre le stesse: è praticamente impossibile cogliere gli “smart-cheaters” in flagrante e, fino a quando ci saranno sufficienti incentivi (o insufficienti disincentivi) a barare, ci sarà sempre qualcuno che lo farà o proverà a farlo.
Come scrivevo già parecchi anni fa (“Cheating: l’oneroso onere della prova“) e come ho concluso a Siena, credo che l’arma migliore per contrastare questa piaga sia una robusta etica agonistica, visto che qualunque mezzo tecnologico o statistico è o diventa aggirabile. Carlsen, come noto, è piuttosto un fautore di cadenze di gioco più rapide e di controlli approfonditi negli ambienti dove si gioca, ma si tratta di soluzioni che possono andare bene solo per i giocatori e i tornei di altissimo livello, non certo per i tornei Open e il gioco online.
La parte del ragionamento di Carlsen a cui faccio riferimento nel titolo riguarda però l’evoluzione degli scacchi dal punto di vista culturale e sportivo. La “democratizzazione” (se così vogliamo chiamarla) della circolazione delle informazioni sugli scacchi ha sicuramente abbassato, se non eliminato, la soglia di accesso al gioco per chi non ha la fortuna di avere un buon circolo o buoni insegnanti a portata di mano, ma soprattutto ha reso possibile una buona preparazione generale al gioco grazie al molto materiale (scritto o video) di buona qualità facilmente accessibile.

Potrà sembrare una diminutio del nostro gioco, ma sostanzialmente gli scacchi sono un gioco relativamente semplice, sostiene Carlsen, e con una buona memoria e continua pratica nel riconoscere schemi ed applicare le sequenze appropriate, chiunque, specialmente i giovanissimi, può raggiungere livelli di gioco e risultati pratici eccellenti. Carlsen cita con precisione il momento in cui ciò è diventato evidente: l’apparizione delle reti neurali applicate agli scacchi, ovvero AlphaZero e, come derivazione, Leela. Alcuni di quelli che siamo abituati a chiamare “concetti strategici” applicati da questi motori erano completamente ignorati quando nel 2018 AlphaZero fece il suo ingresso sulla scena. L’accesso a quei concetti, sempre secondo Carlsen, diede a Caruana un certo vantaggio su di lui nel match del dicembre 2018 e, subito dopo, era evidente a suoi occhi chi aveva avuto accesso a Leela e ne aveva assimilato le lezioni e chi no.
La prima metà del 2019 fu la migliore per Carlsen dal punto di vista dei risultati e, mentre tutti attribuivano ciò alle ricadute della preparazione per il match, il norvegese stava principalmente mettendo a frutto ciò che AlphaZero aveva “scoperto”. In che misura ciò sia vero lo sa solo Carlsen, ma sta di fatto che oggi tutti possono avere accesso a queste conoscenze e ciò, unito alla profonda preparazione in apertura che i motori aiutano a costruire e alla progressiva minor importanza della tecnica dei finali, fa sì che sia molto difficile per i Top Players giocare partite fuori dagli schemi.
“Chess used to be art, science and everything: with the way things are now it’s just very fast and it’s all game, sports and so on.” (Magnus Carlsen, 20 febbraio 2025)
“Gli scacchi sono sempre stati arte, scienza e molto altro: per come stanno le cose adesso, è tutto molto veloce ed è solamente competizione, risultati sportivi e cose del genere” (mia traduzione personale)
Devo dire che Carlsen è stato sicuramente uno principali artefici di questa trasformazione degli scacchi, che avevo tratteggiato nel mio post “Come si evolveranno gli scacchi nei prossimi anni?“, quindi non credo che dica quello che dice per lamentarsi di ciò che è successo e che l’esplosione degli scacchi sui media e online ha ulteriormente ampliato. Penso sia più onesto quando descrive ciò che giocare “FreeStyle” possa rappresentare per i giocatori professionisti (evitando accuratamente di toccare il tasto delle polemiche con la FIDE), soprattutto perché lo distingue da ciò che potrebbero gradire i giocatori non professionisti.
Se avete tempo e modo, potete ascoltare tutta la conversazione tra Carlsen e Rogan (sono più di due ore!), dove il norvegese parla di molte altre storie personali, in famiglia e nel rapporto con Kasparov e Anand, ma ho cercato di riassumere qui la sua visione, se vogliamo abbastanza distaccata, dagli scacchi competitivi. Non tutto è negativo e, anzi, l’accresciuta popolarità del gioco e la sua diffusione ovunque e senza insormontabili barriere economiche di accesso, suggeriscono un futuro promettente per il movimento scacchistico in generale.
Quanto alla “godibilità” della passione scacchistica indipendentemente dai risultati dei migliori al mondo, tutto resta ancora nelle nostre mani: una volta si riteneva che “i giovani” fossero forti solamente perché imparavano a memoria le varianti dell’Enciclopedia delle Aperture e le novità de L’Informatore, oggi si pensa che sia la loro continua pratica e interazione con i motori a renderli abilissimi nel calcolo, ma la realtà è che non è cambiato nulla se non la quantità e la rapidità con cui le informazioni circolano. Per noi appassionati è importanti sedersi alla scacchiera (reale o virtuale) fidandosi del fatto che non ci siano interferenze esterne (ovvero cheating): il resto è solo il piacere della sfida contro l’avversario e con noi stessi.
Si…. è una bella sfida con noi stessi e col nostro avversario!
Cheating credo che in italiano significhi imbroglare, barare, imbroglio, broglio, frode; cheater = baro