GM, Giovanni Martinolich (1884-1910)
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(Riccardo M.)
Martinolich è un nome oggi quasi dimenticato e probabilmente neppure mai noto alla maggior parte dei nostri appassionati. Ingiustamente. E allora cerchiamo qui di ricordarlo, recuperando quelle scarse notizie che si hanno sulla sua sfortunata breve vita e sul suo gioco.
Agli inizi del ‘900 Giovanni Martinolich era forse l’unica figura che avrebbe potuto contendere con sicuro successo, e per molti anni, al marchese Stefano Rosselli del Turco la palma di miglior giocatore italiano.
Martinolich era nato a Trieste il 22 giugno del 1884. Non ci dobbiamo anzitutto meravigliare se di lui prima del ‘900 non si avevano notizie, perché non erano quelli i tempi dei “bambini prodigio”, ovvero di quelli che oggi imparano il gioco a 4 anni (vedere Vitaly Kunin, di cui abbiamo parlato in un recente articolo, o Machteld Van Foreest in un altro, o Awonder Liang in un altro ancora e tanti altri) e che a 16 anni sono già maestri internazionali o quasi.
Aggiungiamo poi che in quel periodo Trieste non era italiana, pur essendo la lingua italiana di gran lunga la più diffusa fra i suoi abitanti, ma faceva parte dell’Impero Austro-Ungarico, e così restò fino al 1918. Trieste, dopo essere stata a lungo “porto franco”, era ai tempi del Martinolich la terza più grande città dell’Impero austro-ungarico e uno dei principali porti europei sul Mediterraneo, certamente il più importante per Vienna. Ed era anche un centro multiculturale di primario rilievo: vi vivevano, ad esempio, nei primi anni del Novecento lo scrittore Aron Hector Schmitz (meglio noto come Italo Svevo) e il poeta irlandese James Joyce, il quale proprio a Trieste ultimò il suo capolavoro “Gente di Dublino”.
Martinolich era figlio di un avvocato (Giovanni anche lui) e di un’armatrice di Lussimpiccolo, Anna Gerolimich. A 16 anni imparò le mosse del “nobil giuoco” dal padre ed esercitò la sopravvenuta passione alla “Società Filarmonica” di Trieste, che era diretta dal problemista Nicolò Sardotsch. Iniziò a studiare sugli scritti del toscano Amerigo Seghieri (1831-1893) e del notaio veneziano Carlo Salvioli (1848-1930).
Nel 1901, appresa bene la lingua tedesca, arricchì la sua cultura teorica scacchistica leggendo i migliori e più recenti testi dell’epoca, che erano i trattati del prussiano Curt von Bardeleben, di Jacques Mieses, di Paul Rudolph von Bilguer, e nei volumetti di Ludwig Bachmann.
Nello stesso anno Martinolich si recò a studiare a Vienna, al Politecnico, e a Vienna (che in quel periodo era una delle capitali mondiali del gioco) fu ovviamente un assiduo frequentatore dei principali centri scacchistici. Ebbe così l’occasione di incontrare alcuni dei più noti grandi maestri del tempo, quali Milan Vidmar, Gustav Neumann, Julius Perlis, e il loro mentore dott. Meitner.
Nel 1903, rientrato a Trieste, fondò lì la “Società Scacchistica Triestina” e nel primo torneo sociale giunse secondo alle spalle di Vincenz Hruby, risultato che bissò nel 1905, stavolta preceduto da Matteo Gladig.
Sempre nel 1905 tornò a Vienna e partecipò al Campionato viennese presso il “Wiener Schachklub”: arrivò buon quarto, dietro nomi famosi quali Leopold Löwy, Milan Vidmar e Xavier Tartakower. Nell’estate 1906 fu a Norimberga, a giocare nel 15° Congresso della Federazione Tedesca; non andò troppo bene, ma fu un buon allenamento.
In ottobre era a Milano per il 4° torneo della “Unione Scacchistica Italiana”, che fu considerato alla stregua di un Campionato Italiano. Qui avvenne la sua consacrazione, perché sorprendentemente, ad appena 22 anni, riuscì a mettere in fila i nostri migliori giocatori del tempo: Stefano Rosselli del Turco, Arturo Reggio, Luigi Miliani.
Nel gennaio 1907 era di nuovo a Vienna, a giocare il “1° Memorial Trebitsch”. Leopold Trebitsch era stato un ricco industriale (della seta), che aveva deciso con la famiglia di destinare un fondo per organizzare grandi tornei ogni anno a Vienna, ma che morì purtroppo un mese prima dell’inizio della prima edizione. “Vienna 1907” fu così un fortissimo torneo, che vide il successo di Jacques Mieses, davanti a Duras, Tartakower, Vidmar, Maroczy, Schlechter, Berger e Perlis. Giovanni Martinolich fu soltanto 9° con p.6 su 13, ma in buona compagnia (Rudolf Spielmann ed Heinrich Wolf), e si lasciò alle spalle gente di fama come Adolf Albin, Leopold Löwy e Ladislav Prokes. Giovanni, bravissimo, pattò appena due partite (con Duras e Wolf) e ne vinse ben cinque (con gli ultimi tre classificati, con Berger e Perlis).
Di Martinolich non si hanno notizie per il 1908, ma nel 1909 vinse il torneo sociale della “Scacchistica Triestina” superando Matteo Gladig di ben 1,5 punti, e nel 1910 il torneo nazionale “Crespi”. Iniziò anche a scrivere di scacchi e, sempre nel 1910, pubblicò sulla “Rivista Scacchistica Italiana” l’articolo “Il Fegatello nell’apertura Spagnola”.
Nello stesso 1910 Martinolich fu purtroppo colpito da una malattia al cuore, malattia che in poche settimane lo condusse, a soli 26 anni, ad una rapida e prematura morte, avvenuta nella sua Trieste il 25 di luglio.
Ecco il “necrologio” apparso sulle pagine della “Rivista Scacchistica Italiana”:
Giovanni Martinolich era (come scrisse ARGUS sulla “Italia Scacchistica”, XII-1936) “un giocatore attento, corretto, senza audacia, ma non scevro di genialità, capace di dominare lo slancio naturale della giovane età; era stella destinata a brillare nel campo internazionale e costituiva senza dubbio una speranza per gli scacchi in Italia”.
Quell’editorialista non s’inventava nulla, in quanto riportava quasi le medesime parole utilizzate trent’anni prima in un articolo de “La rivista Scacchistica Italiana”. Questo:
Fu una perdita disgraziata e considerevole per lo scacchismo italiano, quella di Giovanni Martinolich, una perdita irrecuperabile in quanto Stefano Rosselli del Turco (il quale peraltro dominò in campo nazionale ancora per lungo tempo e che ebbe il grande merito di fondare la rivista “L’Italia Scacchistica”) fu raramente in grado di eccellere in campo internazionale allo stesso livello dei migliori giocatori europei, pur ottenendo a volte buoni saltuari risultati, in specie nelle Olimpiadi.
Martinolich avrebbe forse potuto imprimere il suo cognome nel drappello ristretto dei migliori scacchisti europei del primo quarto del XX secolo: fu soltanto l’amaro destino ad impedirglielo. Ma Giovanni Martinolich si abbrevia in G.M. Pertanto per noi di UnoScacchista è ugualmente, e sarà sempre, un “Grande Maestro”.
Con piacere lo abbiamo voluto ricordare oggi, in ricorrenza del 110° anniversario della morte.
(P.S.: ringrazio Roberto per le preziose storiche pagine fotografate)
Nello scrivere il libro su Massimiliano Romi (in dirittura d’arrivo, presto pubblicato da Francisci) ho dedicato anch’io un box a Martinolich (e a Gladig). Onore a loro periti in così giovane età.