Uno Scacchista

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La Difesa Genovese e il mistero (svelato?) di Annibale Dolci

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(Riccardo M.)
Qualcuno fra voi lettori sicuramente ricorderà gli articoli del nostro Adolivio Capece sul ragioniere e maestro italo-peruviano Annibale Dolci. Li trovate qui:

Alla fine di tutto, Adolivio scrive: “Dopo il 21 maggio 1924 né la “Storia del Centurini” né “L’Italia Scacchistica” lo citeranno più. Dolci scompare e nessuno se ne preoccupa, nessuno si chiede che fine abbia fatto, dove sia andato”.

Destinato quindi a non essere mai risolto il fitto mistero della scomparsa, avvenuta quasi un secolo fa, di Annibale Dolci?

Ebbene, qualcosa finalmente si è mosso e abbiamo quello che non esitiamo a definire uno scoop. Lo riporto in fondo a questo post. Se avete fretta andateci subito. Io però, prima di raccontarvelo, vi voglio parlare di un articolo firmato ‘Annibale Dolci ’ che con mia meraviglia ho scovato nel numero 10/anno IV, ottobre 1924, della pubblicazione mensile “L’Alfiere di Re”. Troppo poco tempo, però, trascorso dalla citata data del 21 maggio per presumere che quel post non fosse stato preparato parecchi mesi prima di ottobre 1924. Questa ultima ipotesi è tuttavia a sua volta non troppo plausibile, dal momento che la rivista era solita portare alle stampe scritti abbastanza recenti e considerati di attualità anche se non di cronaca. Ecco per intero quel lavoro del maestro Dolci:


Negli scacchi -come in tutte le scienze giunte a maturità- è difficile fare del nuovo. L’evoluzione del più intellettuale fra gli sports ha portato gli attacchi e le difese al più alto grado di perfezionamento e d’ingegnosità; però, a mio avviso, contrariamente alla parità ammessa in teoria, in pratica il vantaggio si è fatto sempre più manifesto a favore del primo giocatore e sempre più difficile e pericolosa la lotta che deve sostenere il difendente.

La prima fase della teoria diede origine e sviluppò “l’Apertura di Re”: possesso saldo del centro, ottimo svolgimento prontamente ottenuto di tutti i pezzi, in attesa del momento propizio per isferrare un attacco sul punto più debole che venisse a prodursi nel campo nemico. E così si ebbe “l’Apertura Italiana”, dalla quale derivarono un’infinità di “Gambetti”, con brillanti sacrifici di pedoni e di pezzi.

Poi si passò all’ “Apertura di Donna”, e per molto, per troppo lungo tempo, tutto il giuoco venne basato -e continua anche adesso, ad essere fatto- sulla spinta di uno dei due pedoni centrali, con relativo corollario di gambetti e controgambetti.

Indi -per naturale processo evolutivo- si tentò la spinta dei pedoni laterali: “Partita Inglese” e “Olandese”; ma tali aperture non suscitarono molti entusiasmi né ottennero grandi successi.

E questo è tutto quanto la teoria ha prodotto di veramente importante per ciò che riguarda il primo giocatore; ché -in omaggio agli stessi principi- anche il giocatore in contromossa ha cercato di mantenere la parità -sebbene non sempre ottenendola- col ripetere i tratti del Bianco e venendo spesso a delle posizioni simmetriche.

Ma se la teoria è indubbiamente giusta nei riguardi dell’attaccante, non altrettanto si può dire per ciò che riguarda il difendente: quest’ultimo -in ritardo com’è d’un tempo- per voler contrastare al Bianco il possesso del Centro, venendo, troppo spesso, a trovarsi in condizioni di precisa inferiorità.

Ecco perché la DIFESA GENOVESE, da me ideata, dovrà essere accolta con favore dagli scacchisti, giacché se è vero che all’inizio del giuoco il Centro è abbandonato al Bianco, per contro essa presenta dei vantaggi di cui bisogna tenere il massimo conto; si ha infatti:

    • Facilità d’impianto; le prime sei mosse (1…e6, 2…g6, 3…Ag7, 4…b6, 5…Ab7, 6…Cge7) potendo farsi con piena sicurezza in quasi tutte le aperture del Bianco.
    • Le ali fortemente difese.
    • Ottima posizione degli Alfieri.

La scelta del momento in cui i pedoni centrali, mantenuti indietro, dovranno essere spinti per rompere il centro nemico; ed è appunto questa la manovra che dovrà far vincere la partita, e nella quale dovrà rivelarsi lo spirito che anima e dà forza alla difesa.

La DIFESA GENOVESE (è proprio il Dolci ad utilizzare il carattere maiuscolo -n. d. R.), che ho potuto sperimentare contro alcuni fra i migliori scacchisti della Superba, spero fermamente possa essere adottata nei maggiori cimenti internazionali, superare le critiche, e resistere nel tempo, come la forte razza di cui porta il nome glorioso.

ANNIBALE DOLCI


Ovviamente ogni scacchista, leggendo queste simpatiche note, si sarà fatto un’idea delle affermazioni tecniche, così sorprendenti ma fino ad un certo punto, del giocatore. A noi oggi interessa invece più che altro cercare di capire qualcosa di diverso, visto che questo è stato forse l’ultimo scritto lasciatoci in eredità dalla penna e dalla mente di Annibale Dolci.

le due partite inserite dal Dolci alla fine di quell’articolo

Ebbene, la sensazione precisa che ho è quella di intravedere nelle parole del giocatore alcuni aspetti che denotano lucidità, convinzione, freschezza e passione, oltre alla certezza/voglia di verificare, nel seguito delle contese scacchistiche, controprove valide alle sue affermazioni. Se così è, si lasciano piuttosto allontanare, salvo sopraggiunte ignote contrarietà, ipotesi tendenti alla scomparsa volontaria del soggetto (suicidio, allontanamento o altro), e ci si potrebbe invece indirizzare verso altri tipi di accadimenti, come incidente od omicidio. Però, nell’un caso come nell’altro, mai riapparve la persona, mai furono rinvenuti né il suo corpo né i suoi documenti? Possibile? Davvero una scomparsa avvolta nel mistero più assoluto.

Si potrebbe dire: ma il maestro Dolci viveva a Genova, come ha avuto quelle note ad ottobre 1924 una pubblicazione di Palermo? Beh, nulla di strano, anzi normale: sappiamo che Dolci era un bel viaggiatore e comunque il circolo genovese Centurini era da anni in stretti rapporti con l’Accademia Scacchistica Palermitana (a Palermo si stampava “L’Alfiere di Re”).

E’ piuttosto strano che, ad esempio, mai risulta abbia parlato del Dolci, dopo la partita del 21 maggio contro il colonnello inglese Stuart Prince, il maestro Rosselli del Turco, che quella aveva personalmente commentato per “l’Italia Scacchistica”.

Il fatto che le due principali riviste italiane del tempo avessero pubblicato diverse partite, e non una sola, di Annibale Dolci, sta pure a significare della raggiunta notorietà del giocatore italo-peruviano, che nel 1924 aveva 51 anni. E la notorietà comportava sempre degli obblighi precisi per la stampa specializzata dell’epoca, fra i quali un -almeno minimo- necrologio, di cui invece pare non si sia mai trovata traccia.

Adolivio Capece scrive che lo storico Alessandro Sanvito ha ipotizzato un possibile viaggio di ritorno in Perù da parte del giocatore, ma scrive anche che non è normale che laggiù non si sia mai letto il suo nome e che da laggiù egli non abbia mai contattato più nessuno in Italia: è vero che Dolci viveva da solo, che non aveva moglie né figli che ne attendessero notizie, ma le sue amicizie italiane e la ormai radicata collaborazione con “L’Italia Scacchistica” sono in contrasto con il silenzio assoluto e l’oblio che lo avvolsero a partire dalla primavera del 1924, ovvero dall’autunno se veramente è stato di quel periodo il breve lavoro che vi ho qui sopra riportato.

Teniamo per di più presente che il nome di Dolci non era sconosciuto neppure in Inghilterra, dove lui aveva viaggiato e vissuto a lungo (1908-1913) prima della guerra e dove nel 1913 aveva battuto in una partita indimenticabile, col Nero e con una difesa Francese, il forte maestro internazionale Frederick Yates, partita che trovò immediatamente spazio e pubblicazione nello “Sheffield Weekly News” (in Chicco/Rosino, ‘Storia degli scacchi in Italia’, pag. 593). Eccola:

Infine, la notorietà di Annibale Dolci era stata dimostrata nel 1922 quando a Venezia fu rappresentata “La Partita a scacchi” di Giuseppe Giacosa, per il cui svolgimento furono scelte proprio le mosse proposte dal Dolci. Questo l’articolo di Adolivio: “La partita di Giacosa, le mosse di Dolci/

Anche il particolare relativo al Giacosa lo si legge nella “Storia degli scacchi in Italia” di Chicco/Rosino, un testo per certi versi molto minuzioso ma che presenta un difetto a volte, come in questo nostro caso, abbastanza evidente (e qui vorrei aprire una parentesi al mio racconto): il volume è ricco di piccoli e grandi avvenimenti scacchistici, di risultati, di date, di numeri, di matches, di classifiche, di punteggi e di notizie tecniche attinenti circoli e vita scacchistica cittadina e italiana, ma mancano quasi del tutto approfondimenti o riferimenti sulla vita privata, sulle caratteristiche e sulla personalità delle centinaia di nomi presentati, purtroppo anche di quelli, come il Dolci, che possono non essere considerati minori.

Tutti quei nomi appaiono nel testo suddetto quasi alla stregua di numeri (impressione accentuata dall’andamento cronologico della narrazione), restano freddi nomi e niente di più per il lettore, il quale non è coinvolto in altra maniera da storie e avvenimenti personali. Un vero peccato: indubbiamente si tratta di un serio limite per un’opera così complessa e per altri versi meritevole, anche se forse si è trattato di una precisa scelta degli autori. Un peccato perché il titolo del volume (“Storia …”) e le capacità dei due storici potevano farci attendere ben superiori e più completi contenuti.

Inutile aggiungere, dopo questo mio commento, che non c’è nel volume la minima traccia della vita del Dolci e quindi non c’è neppure la domanda che si è posto l’amico Adolivio nei suoi precedenti articoli su “UnoScacchista” e che mi pongo oggi anch’io qui.

Come e dove sparì Annibale Dolci? Un particolare mi ha lasciato perplesso dopo aver letto i particolareggiati articoli di Adolivio, tra i quali queste righe: “Dopo il 21 maggio 1924 né la “Storia del Centurini” né L’Italia Scacchistica” lo citeranno più. Dolci scompare e nessuno se ne preoccupa, nessuno si chiede che fine abbia fatto, dove sia andato…. sparisce definitivamente e a quanto pare non lascia traccia e non fa più avere notizie. Ha 51 anni, è un forte giocatore: possibile che la passione lo abbia abbandonato all’improvviso e completamente, tanto da fargli dimenticare anche gli amici del circolo a Genova e L’Italia Scacchistica, di cui era ormai da tempo ufficialmente collaboratore?”

No, non è possibile”, è la mia risposta. E i suoi colleghi di lavoro? Silenzio anche da loro? Adolivio ricorda che Dolci era un ragioniere, probabilmente un impiegato civile, dal momento che già all’inizio del secolo il suo nome “spiccava” a Genova fra i soci della sezione scacchistica della “Società impiegati civili”. Non è assolutamente possibile che né i suoi colleghi di lavoro (a 51 anni era ben ancora in età lavorativa!) né gli amici dell’Italia Scacchistica abbiano mai pensato di dover accennare a lui nei mesi ed anni successivi alla sua assenza, a meno che … a meno che … accennare a lui non fosse … sì: non fosse pericoloso!

Intendiamoci, la mia è solo una lontana ipotesi non suffragata da alcun elemento, nemmeno da indizi, ma ritengo che sia praticamente impossibile che una persona sparisca senza che da nessuna parte nessuno accenni mai alla sua improvvisa e definitiva assenza. Che lavoro precisamente svolgeva il maestro Dolci? Di cosa si occupava? E di cosa si era occupato durante il suo soggiorno londinese? Non lo sappiamo. Ma sappiamo che quei mesi del 1924 furono in Italia assai turbolenti, con le violenze delle squadre d’azione fasciste, le contestate elezioni del 6 aprile, l’assassinio di Giacomo Matteotti il 10 di giugno, le successive dure restrizioni alla libertà di stampa decise dal governo di Mussolini l’8 luglio. La provincia di Genova era in particolare già da alcuni anni, dai “fatti di Sarzana” del luglio 1921, sotto osservazione, dopo che aveva saputo esprimere uno dei rarissimi episodi di resistenza armata alla nascita del fascismo. Troppe coincidenze. Ma qui mi fermo e torno a domandarmi …

… Come e dove sparì Annibale Dolci? E perché? La domanda resta per sempre senza una risposta? Forse no …


Ebbene, il colpo di scena si è verificato alcuni mesi fa, l’11 di aprile 2021, quando è apparso un inatteso commento all’articolo di Adolivio “Annibale Dolci, un mistero irrisolto“. Questo:  “Il mio nome è Consuelo Saettone Dolci, mio zio Annibale Dolci è venuto in Perú a rincontrarsi con suo fratello Mario, che era mio nonno, lui è stato nella nostra casa per vari anni“.

“Che emozione!”  ha detto Adolivio quando l’ha letta.

Naturalmente abbiamo subito contattato la signora Consuelo, che scrive dal Perù. Consuelo mi risponde alcuni giorni dopo (22 aprile): “Presto ti scriverò per raccontarti di mio zio, devo parlare con mio fratello per sapere più cose su mio zio Annibale“. E, due giorni più tardi, mi invia le fotografie della mamma di Annibale, Colomba, ritratta con la sorella Angela Armida, e un’altra fotografia del loro padre.

Nel frattempo Adolivio ha ritrovato su L’Italia Scacchistica (Anno XI, n. 4, Aprile, data di copertina 15 giugno 1921) questa notizia: “L’amico carissimo Annibale Dolci è stato colpito dalla perdita dell’amato padre suo, Piero Abramo Dolci, morto a Genova il 23 maggio u.s.”.

L’ultima mail che ricevo da Consuelo è del 5 giugno. Mi scrive: “…. Non ho ancora avuto il tempo di approfondire sullo zio Annibale,  lo farò presto e ti scriverò su di lui. Aspettami per un po’. Qui in Perú le cose in politica si stanno mettendo male … e domenica ci saranno le elezioni”.

Poi più nulla. Un’altra volta?

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