Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

Nulla è più affascinante del matto

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(Riccardo M.)
La fortuna di scrivere su un Blog di scacchi è che difficilmente si è soggetti a censura. Anche se ci sono i Re. In un suo recente articolo su “Il Foglio”, il giornalista Giulio Meotti parlava de “I censori all’opera”, un lavoro (ed. Adelphi, 2017) dello storico statunitense Robert Darnton.

Darnton inizia il suo lavoro cercando un libro stampato a Parigi nel 1722 che porta “l’approvazione del Re”. I censori del Re, scrive Darnton, lavoravano come redattori, si occupavano di questioni di stile, di grammatica, di leggibilità ed originalità del pensiero, arrivando anche a correggere l’ortografia e a rifare i calcoli matematici. Un libro approvato dal Re non doveva essere scritto male”.

Era quella una censura totale, ma non peggiore di quest’altra che nel secolo XXI utilizzano Re e potenti dittatori in giro per il mondo, ai quali, più che l’ortografia, sta a cuore che non venga minimamente scalfito, anzi che si accresca, il loro personale consenso, il loro potere e la loro volontà assoluta. E qualcuno di questi dittatori va ben oltre la censura, al punto che la sua azione è arrivata a suscitare duri commenti anche da parte di una persona moderata come Papa Bergoglio: “… qualche potente provoca e fomenta conflitti …”

Del resto il “gioco dei Re” ne ha conosciuti parecchi di re malvagi e/o folli. Uno di questi fu il re del Marocco Muley Hassan (?!), il quale -così almeno scrive Richard James in “The Complete Chess Addict”- giocava raccapriccianti partite su una scacchiera vivente: al posto dei pezzi faceva mettere sulla scacchiera i prigionieri delle carceri e quindi, quando il pezzo che rappresentavano veniva catturato, li decapitava sul posto. Un altro tipo strano pare sia stato Huan (o Huang) un imperatore Ming (712-756), che giocava con la sua concubina preferita utilizzando sulla scacchiera le schiave del palazzo. Per non parlare dell’imperatore mongolo Tamerlano, sul quale abbiamo già pubblicato “La gabbia di Tamerlano”.

Il punto è che certi potenti meriterebbero di subire, senza pietà, dei definitivi quanto duri e implacabili “scaccomatto”, onde sparire immediatamente da ogni tipo di ‘gioco’.

Ecco: perché ci piace il gioco degli scacchi? Voi potete dare la risposta che più gradite, ma io credo che l’aspetto più emozionante e affascinante del nostro sport sia appunto l’apparizione dello “scaccomatto” sulla scacchiera.

Ricordiamo che lo scaccomatto è una espressione di origine arabo-persiana (shāh māt) che, appunto, sta a significare “il Re è morto”. Lo scacco matto è emozionante e affascinante ed è la prima cosa di cui parlò il primo libro di scacchi della storia, quello del medico Abul-Abbas, e poi ne parlò il primo romanzo con trama scacchistica della storia, ovvero “Anastasia e il gioco degli scacchi” di Wilhelm Heinse (1803), sul quale scrissi un articolo (“Wilhelm Heinse”) che originariamente fu pubblicato nello “Yearbook 2019”, l’annuario del gioco per corrispondenza edito dall’ASIGC.

Coincidenze “vaticane”: Heinse trascorse un lungo periodo (40 mesi) a Roma, prima di lavorare a quel romanzo, e il suo pensiero venne profondamente influenzato dalle esperienze di quegli anni e da quei luoghi che tanto gli erano cari, primo fra tutti la Cappella Sistina.

Ed ecco pertanto il “Matto di Anastasia”, apparso in una partita celebre

Konrad Bayer – Ernst Falkbeer
Vienna 1852

Bravissimo Falkbeer! A lui, inventore dell’omonimo Controgambetto, abbiamo già dedicato un post, “Ernst Falkbeer”.


Un bellissimo matto fu il seguente, realizzato di Nero da un altro grande giocatore, l’americano Harry Nelson Pillsbury (ricordo la posizione e le ultime mosse ma non altro sulla partita):


Chiunque può mattare il re nemico. Anche giocatori poco noti possono realizzare l’impresa, basta avere tanto coraggio e rifuggire da accomodamenti a volte vili quali certi accordi di “patta”. Un esempio di spettacolare matto raggiunto fra due giocatori non di prima fascia:

Louis Zollner – George Heywood
Newcastle 1894 (?)

Lo “scaccomatto”, si è detto, è sempre un momento affascinante ed emozionante. Ma non raramente, come abbiamo visto e come ancora vedremo, esso implica imprevedibili e pesanti sacrifici.


In apertura: “Scacco Matto” (2018) di Daniela Pagliaro, nota pittrice espressionista nativa di Andria.

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