Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

#NepoDing – Storie di destino e di resilienza

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La corona d'alloro sulle esili spalle del piccolo grande Ding Liren (Foto FIDE / Stev Bonhage)

(Uberto Delprato)
Se Carlsen ci aveva abituato all’idea che gli scacchi sono fondamentalmente semplici e che per vincere basta giocare meglio e rischiare poco, il match di Astana ci ha dimostrato tutt’altro: i match sono lacrime e sudore, sono paura ed esaltazione, sono destino e resilienza. Iniziato come un match largamente sottovalutato in mancanza del Campione del Mondo, la sfida tra Ding Liren e Nepomniachtchi è stata una delle più emozionanti degli ultimi 50 anni, resa ancora più appassionante dalla possibilità di vivere in diretta video ogni suo momento.

Ding Liren e Ian Nepomniachtchi durante la cerimonia di chiusura (Foto FIDE / Stev Bonhage)

Avevo intenzione di scrivere un post riepilogativo su come il match si è venuto a sviluppare da Dubai ad Astana, ma ho realizzato presto che questo non è ancora il momento dei riassunti e dell’analisi dei fatti. E’ troppo ricca di pathos la storia che si è appena conclusa con la vittoria di Ding Liren per ridurla ad una serie di fatti e di date, di congiunzioni astrali che hanno portato il cinese ad incrociare i pezzi con il Campione in pectore, Ian Nepomniachtchi.


Un match che è sembrato un romanzo epico

Se qualcuno avesse avuto la possibilità di scrivere il copione di un dramma scacchistico che non vivesse solamente sulla sfida tecnica ma anche sul confronto tra due personalità complesse e fragili, non avrebbe potuto fare di meglio di mettere per iscritto quello che abbiamo vissuto nell’ultimo mese.

Giudicato inizialmente come un confronto senza fascino, tra due giocatori lontani dalle brillanti cronache sui social e nei tornei online e per di più sminuiti nei loro ruoli di Campione predestinato (Nepo) e sfidante “per caso” (Ding) dall’ombra imgombrante dell’assente Magnus Carlsen, il match si è presto caratterizzato come la sfida tra due giovani uomini ricchi di talento, umanità e di debolezze.

Ding Liren ha sicuramente attraversato momenti cupi all’inizio del match (Foto FIDE / Anna Shtourman)

La prima parte del match è stata quasi una seduta di psicanalisi per Ding Liren, che, poco conosciuto dalla maggioranza degli appassionati, ha portato in scena tutti i suoi tormenti, le sue paure, la sue ansie: “Qualcosa non funziona nella mia testa” aveva confessato. Dopo il match ha detto che durante la preparazione non si sentiva pronto per una sfida di questa portata, considerando seriamente di abbandonare gli scacchi se avesse perso. Poi, grazie ai suoi amici, alla sua famiglia e al suo amico e secondo Richard Rapport, è riuscito prima a recuperare un buon equilibrio psicologico e poi, con l’aiuto dell’avversario, a riportarsi in parità non una ma due volte.

La personalità modesta e tormentata ed un eloquio incerto in inglese ma mai banale nelle risposte, hanno conquistato subito molte simpatie, quasi in reazione a ciò che da più di un decennio ha dominato la scena, la personalità forte e a tratti arrogante di Magnus Carlsen.

Ian Nepomniachtchi avrebbe davvero avuto bisogno di una mano dal Fato (Foto FIDE / Stev Bonhage)

Ian Nepomniachtchi si è trovato in qualche modo spiazzato da un avversario così palesemente in difficoltà e impreparato alla sfida: “All’inizio del match mi sono sorpreso di quanto fosse poco preparato Ding Liren, sia scacchisticamente che psicologicamente.” ha detto Nepo dopo il match. Ciò però ha messo in risalto anche le debolezze del russo, quella incapacità di assestare il colpo vincente, di “chiudere” il match e quel vizio di giocare in fretta le posizioni critiche, quasi a liberarsi della pressione di dover vincere una posizione ritenuta vinta.

Il dramma sportivo della 12ª partita non ha solo riportato il match in parità, ma ha tragicamente messo Nepo davanti alla prospettiva di dover ricominciare tutto da capo. E i fantasmi degli ultimi anni, delle vittorie mancate in tanti tornei, del match di Dubai perso fondamentalmente per una sola partita, dei crolli psicologici dopo una sconfitta sono tornati prepotentemente alla ribalta. Ansia e difficoltà a dormire hanno portato il russo allo spareggio Rapid non nelle migliori condizioni, eppure… per tutti era ancora il favorito.


Il momento della verità

Ed ecco il giorno del giudizio, quel 30 aprile che segnerà per sempre le carriere sportive di Nepomniachtchi e Ding Liren. L’uno di nuovo obbligato a rispettare un pronostico scontato (chissà perché) e l’altro con tutto da conquistare con la forza delle sue debolezze.

Alla fine del match tutti abbiamo la certezza di aver imparato a conoscere meglio Ding Liren, a capire la sua ricerca della felicità che spesso si nasconde nel guardare la pioggia che cade su un fiume tranquillo, a riconoscere la forza della ricerca della mossa migliore senza pretendere di conoscerla a priori, ad ammirare la sua conquistata resilienza psicologica che gli ha permesso di ricomporsi e di decidere di rifiutare la ripetizione di mosse nella quarta partita di spareggio senza domandarsi e meno che mai avere la certezza di aver preso la decisione giusta.

Un Ding Liren finalmente rilassato, in posa come Campione del Mondo (Foto FIDE / Stev Bonhage)

In una bella intervista a Leontxo Garcia, Ding Liren ha detto che “Alcune delle cose che ho letto hanno fatto di me un giocatore migliore. Mi sono ricordato di come Albert Camus parla del concetto di resistenza. L’idea è che se non vedi come tu possa vincere, fa’ tutto quello che è in tuo potere per resistere. E questo ricordo mi ha dato la determinazione di cui avevo bisogno“.

Parlando con Sean Ingle, Nepomniachtchi ha spiegato che Ding Liren “Pur senza vere idee o una profonda preparazione, è riuscito a continuare a lottare.” dando credito all’avversario e riconoscendo proprio quelle caratteristiche morali richiamate dal cinese. E ricorda che quando nella partita decisiva dello spareggio Ding Liren “era in una posizione terribile, apparentemente senza possibilità di salvezza, pur con le mani agitate per la disperazione, ha sempre trovato il modo di aggrapparsi alla partita.

Questo è ciò che ha fatto appassionare tutti ad un match che doveva essere “di serie B” e si è invece dimostrato un vero e proprio thriller. Indipendentemente dalla qualità delle partite (ma quanti sarebbero stati in grado di giudicarla senza i numerini dei motori?), la lotta tra due campioni “umani”, sommamente rispettosi l’uno dell’altro, ha conquistato tutti fino al punto che, alla fine, qualunque risultato avrebbe suscitato ondate di simpatia per il perdente.


“In questo match c’è molto della mia anima” (Ding Liren)

Nepomniachtchi, dopo il match, si è dovuto rifugiare in una delle massime più usate nello sport: “Non è sufficiente essere un buon giocatore e ottenere posizioni migliori: bisogna concludere e conquistare la vittoria“, ma è chiaro che questa seconda sconfitta in un match mondiale fa molto male. Durante la partita decisiva lo abbiamo visto tutti spostare, disperato, i pezzi a lato della scacchiera una volta compreso che la partita era persa e tutti coloro che hanno giocato a scacchi si sono immediatamente immedesimati nel suo dolore e nella sua angoscia.

Team Ding può finalmente festeggiare (Foto FIDE / Stev Bonhage)

Ding Liren, invece, ha vissuto la fine del match in maniera molto emotiva. Ha pianto e non si è vergognato ad ammetterlo. Ha parlato con tutti e risposto con attenzione a tutte le domande, ha riconosciuto i meriti della sua famiglia, dei suoi amici e di Richard Rapport, ma soprattutto spiegato ancora una volta che “Forse la gente non mi conosce bene. Ma neanche io mi conosco bene“.

Come avete visto, ben pochi commenti tecnici o valutazioni sulle partite in questo mio scritto. Per me questo match per il momento vive ancora degli echi emotivi che i due giocatori ci hanno trasmesso. Vive nel destino che condanna Ian Nepomniachtchi a una sconfitta imprevista e in qualche modo ingiusta e vive nella lezione di resilienza che il minuto Ding Liren ha dato a tutti gli scacchisti: riconoscete le vostre debolezze, combattetele assieme ai vostri amici, raccogliete tutte le forze che avete, resistete e poi, coraggiosamente, cercate la vittoria.

Il momento in cui Ding ha realizzato di essere diventato Campione del Mondo (Foto FIDE / Stev Bonhage)

Il talento, lo studio e la preparazione tecnica possono fare la differenza, ma gli scacchi sono anche una sfida tra uomini, con le loro debolezze e le loro capacità di opporsi alla fredda logica. E non serve essere un giocatore fisicamente robusto, si può anche essere un piccolo e fragile uomo con una grande volontà e una immensa fiducia in se stesso.


Per chi vuole rivedere il film del match…

… riporto qui sotto i link a tutti i post che ho scritto su quello che è successo ad Astana. Molto si scriverà ancora, ma per ora chiudiamo il libro del match e guardiamo ai prossimi due anni di regno di Ding Liren. Già perché, come ha detto “Questo match mi ha già cambiato la vita, perché ora devo giocare per altri due anni“.

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1 thought on “#NepoDing – Storie di destino e di resilienza

  1. Complimenti.. ottimo articolo che mette in primo piano la vera natura degli scacchi. Una lotta fra personalità che devono comunque stimarsi reciprocamente

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