Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

I giocatori di scacchi più forti di sempre (gruppo 1)

15 min read

(Riccardo M.)
Torno su un tema che è da sempre fra i più attraenti per gli appassionati di scacchi, pur avendone già trattato in un paio di occasioni: “I 10 giocatori piu forti di tutti i tempi” e “I 160 giocatori piu bravi degli ultimi 160 anni“.
Ci torno in primo luogo perché abbiamo preso atto in questi 6 anni di lavoro su UnoScacchista che sull’argomento l’interesse dei lettori è stato e continua ad essere altissimo oltre ogni aspettativa.

Ci torno anche perché in realtà in quel primo post ci eravamo limitati a citare dei nomi citati da altri, mentre nel secondo dei due si era stilata una lunga lista basata soprattutto sul concetto di bravura, bravura che in tanti casi per motivi diversi non si è potuta adeguatamente esprimere nei fatti. E infatti ricordavamo nomi quali Breyer, Sultan Khan, Carlos Torre, Mecking, Perlis, Lipke, Oll, Agzamov, Planinc, Gashimov …

I giocatori più forti sono quelli che hanno lasciato un segno tangibile nella storia degli scacchi grazie ai loro risultati unitamente all’eccellenza delle loro partite, o anche per il contributo dato all’evoluzione del gioco o perché hanno costituito un faro per gli altri giocatori della loro epoca e perfino delle epoche successive. Faccio per quest’ultimo caso l’esempio di Philidor e di Nimzowitsch.

Abbiamo alla fine individuato, grazie soprattutto alle opinioni espresse negli anni da tanti giocatori e studiosi, 26 nomi, e li abbiamo divisi in due gruppi, 13 + 13, in quanto i primi paiono da considerare un ‘mezzo gradino’ sopra gli altri. Elenco i giocatori di entrambi i gruppi in ordine di data di nascita, perché sarebbe davvero arduo, anzi impossibile, mettere a confronto, ad esempio, un Greco o un Morphy con un Alekhine o un Carlsen.

Fra questi 26 fantastici campioni ci sono: 1 giocatore del XVII secolo, 1 del XVIII, 5 del XIX, 16 del XX e 3 del XXI. Si tenga conto, comunque, che alcuni di questi campioni (ad esempio Lasker o Kramnik) hanno avuto in realtà una carriera a cavallo fra due secoli. Di ciascuno indichiamo i dati anagrafici ed un sintetico profilo, a volte in parte ripreso da “I luoghi degli scacchi” (vol. 2°, 2015, autori C.Sericano/R.Moneta).

Subito dopo il profilo, vedete dei link che si riferiscono esclusivamente ad alcuni post già pubblicati da “UnoScacchista”.

1° gruppo

Gioacchino Greco (Celico 1600?-1634?)

Di lui è incerta sia la data di nascita sia quella di morte. Qualcuno potrebbe meravigliarsi nel leggere qui il nome di Greco, citato invece da Botvinnik, ma “il Calabrese” (così era soprannominato), oltre ad essere stato il giocatore più forte dei suoi anni (pochi, purtroppo), ha saputo lasciare ai posteri un’ammirazione tale per il suo gioco brillante e per la sua opera, pubblicata soltanto postuma, che ancora in tempi recenti gli sono state dedicate pagine (ad esempio su “Mondoscacchi” da Zichichi e da Smyslov, rispettivamente nel 1984 e 1988 – rif. Chicco/Rosino “Storia degli scacchi in Italia”). Qualche autore considera Gioacchino Greco come virtuale campione del mondo negli anni successivi al 1621, fino alla sua morte. Era quello il secolo che vedeva l’Italia in primo piano sul palcoscenico del gioco degli scacchi, grazie anche a Giovanni Leonardo di Bona da Cutri, a Paolo Boi e ad Alessandro Salvio. Ho una piccola curiosità: lo sapranno a Celico, piccolo comune in provincia di Cosenza, che, oltre al Beato Gioacchino da Fiore, noto teologo, hanno avuto come concittadino uno dei più grandi nomi degli scacchi di ogni tempo? Mah!


Francois André Danican Philidor (Dreux 7.9.1726-Londra 31.8.1785)

Celebre musicista francese nato in una famiglia di musicisti, venne considerato il più forte giocatore del mondo dalla metà del ‘700 fino alla morte. Visse tra Parigi e Londra. A 23 anni aveva già dato alle stampe il suo trattato “Analyse du Jeu des Echecs“. Fu forse il primo campione ad esibirsi in “simultanee alla cieca”, il primo ad enunciare certi principi basilari del gioco (“i pedoni sono l’anima degli scacchi”) e a considerare una partita come una costruzione d’insieme. Fu pertanto (come scrisse Max Euwe) il primo a “porre la prima pietra del moderno edificio del gioco di posizione”. Il danese Bent Larsen nel 1967 arrivò perfino ad affermare che Philidor sia stato il più grande di tutti i tempi, in quanto “era di gran lunga in anticipo rispetto ai suoi contemporanei”.


Wilhelm Steinitz (Praga 14.5.1836- New York 12.8.1900)

Dopo il torneo di Londra 1862 Steinitz sfidò il nostro Serafino Dubois, vincendo il match per 5,5 a 3,5. Da quel momento decise di diventare un professionista e vinse tutti i matches giocati nell’arco di 32 anni, fino al 1894. Fu campione del mondo ufficioso dal 1866, quando sconfisse Adolf Anderssen per 8 a 6 sorprendendo un po’ tutti, e campione del mondo ufficiale dal 1886, quando batté Johannes Zukertort per 12,5 a 7,5 pur avendo Zukertort condotto inizialmente fino al 4-1. Steinitz difese il titolo contro Isidor Gunsberg e due volte contro Mikhail Chigorin, prima di perderlo nel 1894 da Lasker, nettamente (6 a 12) nonostante i pronostici fossero in suo favore. E’ considerato il fondatore della scuola posizionale, pur avendo iniziato in gioventù mostrando un gioco aggressivo che aveva indotto qualcuno a chiamarlo “il Morphy austriaco”. Visse a lungo a Londra e nel 1883 decise di trasferirsi a New York. Scrisse Capablanca che Steinitz, come un pioniere, era stato il primo a fissare i principi basilari della strategia del gioco. L’uomo Steinitz fu tuttavia piuttosto intrattabile, riscuotendo ovunque antipatie: permaloso e collerico, entrò in un percorso maniacale che lo portò in età avanzata a voler addirittura sfidare Dio dandogli il vantaggio di un pedone e del tratto.


Paul Morphy a Londra nel 1858

Paul Charles Morphy (New Orleans 22.6.1837-10.7.1884)  

Il suo cognome originario era Murphy, e infatti il padre era un giudice irlandese. Impostosi all’età di 20 anni come il miglior giocatore americano (vinse a New York nel 1857 battendo in finale Paulsen), fece nel 1857-58 una tournée europea, sconfiggendo nettamente tutti gli avversari incontrati, tra i quali Anderssen, Loewenthal e Harrwitz, e venne proclamato campione del mondo. L’unico a non averlo mai voluto incontrare fu l’inglese Howard Staunton, che inventò una serie di scuse per evitarlo. Morphy aveva uno straordinario senso della posizione e con quello poté equilibrare, essendo fortissimo nella combinazione, gli elementi romantici insiti nel gioco dell’epoca con i concetti dettati il secolo precedente da Philidor e attinenti la partita come una costruzione logica. Nel gioco alla cieca era imbattibile. Bobby Fischer, che fu uno dei suoi grandi ammiratori, si spinse a dire che “Morphy potrebbe battere in un match qualsiasi giocatore di oggi”. Non diversa era l’opinione di Max Euwe e di Svetozar Gligoric. La cosa più incredibile è che nessuno vide mai Morphy con in mano una scacchiera e un libro: lui giocava e vinceva, con grande naturalezza, forse senza aver studiato mai nulla. Morphy è stato un prodigio misterioso che, così come apparve, improvvisamente a partire dal 1862 sparì. Viveva di rendita. Piccolo ed elegante “nei suoi abiti attillati all’ultima moda e dondolando il suo bastoncino da passeggio” (H.C.Schonberg), ogni tanto lo si incontrava solitario per le vie di New Orleans. Si rifiutava di parlare di scacchi ed iniziava ad avere dei disturbi psichici, sempre più evidenti, che ne accelerarono la fine.


Emanuel Lasker (Berlinchen 24.12.1868-New York 11.1.1941)

Nato nel Brandeburgo, oggi Polonia, figlio di un cantore della locale sinagoga, iniziò a giocare col fratello Berthold. Nel 1894 divenne campione del mondo sconfiggendo Steinitz per 12 a 7. Dopo le vittorie su Steinitz, Tarrasch, Marshall, Schlechter e Janowski, perse il titolo da Capablanca nel 1921, all’età di 53 anni. Per ben 27 anni pertanto mantenne il titolo, salvandolo nel 1910 contro uno sfortunato Carl Schlechter grazie ad una furbata nel regolamento che riuscì a far digerire al bonario e ingenuo rivale. Lasker trionfò in molti dei più forti tornei che si giocarono fra il 1895/96 (San Pietroburgo) e il 1924 (New York) e mai si classificò oltre il terzo posto, segnale di una straordinaria continuità ad alto livello. Ma evitava volentieri i matches. Egli fu in primo luogo un giocatore da torneo, grazie alla capacità di adattarsi allo stile di ogni avversario; in ciò rifletteva anche la poliedricità dei suoi interessi: matematica, drammaturgia, filosofia, poesia, interessi che spesso lo fecero allontanare per lunghi periodi dagli scacchi. La sua maestria risiedeva in particolare nell’abilità sottile di manovra (così scrisse Nimzowitsch), in una furbizia e intelligenza che gli consentivano di entrare in posizioni complesse, perfino a volte inferiori. In queste posizioni quasi sempre i suoi avversari non riuscivano a trovare la soluzione giusta, quasi ipnotizzati e frustrati, mentre lui sapeva trattarle con massima calma e certosina precisione. I più critici nei suoi confronti dissero che la sua abilità consisteva nello scovare ogni espediente, ai limiti della liceità, per far giocar male gli avversari (o per non farli giocare affatto, visto che per molti anni riuscì a schivare le sfide di Capablanca). Nel 1933 i tedeschi gli confiscarono tutti i beni e nel 1937, dopo aver smesso di giocare, si trasferì con la moglie Martha a New York.


Josè Raul Capablanca (L’Avana 19.11.1888-New York 8.3.1942)

Il 23 marzo del 1924 il New York Times usciva con un titolo a 9 colonne: “Capablanca battuto per la prima volta dal 1914”. L’eroe del giorno era stato Richard Reti. Mentre Fischer avrebbe dominato a livello anche mediatico l’ultima parte del XX° secolo, nella prima il protagonista assoluto fu infatti Capablanca. Il cubano, che imparò il gioco all’età di 4 anni dal padre, un ufficiale spagnolo, aveva una personalità spiccata, di fronte alla quale la più parte degli avversari si sentiva in difficoltà già al momento di iniziare una partita. Nel 1921 tolse il titolo al “vecchio” Lasker e lo tenne fino al 1927 quando venne piegato da un Alekhine il quale pure, quanto a personalità e risolutezza, non scherzava affatto. Forse per la prima volta nella storia degli scacchi si poteva vedere grazie a Capablanca la maestria di un gioco elegante e nello stesso tempo apparentemente semplice e impeccabile, senza punti deboli, quasi come un computer umano. San Sebastian, Londra, New York, Berlino, Budapest, Ramsgate, Budapest, Barcellona, Hastings, Mosca, Nottingham: il campione cubano fu capace di vincere ovunque, sia prima di perdere il titolo mondiale da Alekhine, sia dopo. Una lunga carriera e un personaggio di successo, elegante anche nel portamento e nel vestire oltre che nel gioco, e così spesso circondato e amato dalle donne. Egli influenzò una generazione e forse più, grazie anche a quell’indimenticabile gioiello di libricino che fu “Chess fundamentals”, che ebbe numerose edizioni e fu tradotto in molte lingue.


Alexander Alekhine (Mosca 31.10.1892-Estoril 24.3.1946)

Di nobile famiglia, non fu un bambino prodigio, maturò piuttosto lentamente e fu solo 4° al grande torneo di San Pietroburgo del 1914. Dopo la guerra si trasferì a Parigi, prendendo la cittadinanza francese. Divenne campione del mondo nel 1927, sconfiggendo Capablanca, difese due volte il titolo contro Bogoljubov, lo perse contro l’olandese Max Euwe nel 1935, riconquistandolo nel 1937, e lo tenne fino alla morte. Vinse svariati grandi tornei. H.Golombek affermò che Alekhine è stato “il più versatile dei geni degli scacchi”. H.Kmoch (vedi ultimo link) scriveva: “egli possiede un colossale potere di concentrazione, una tenace resistenza che, in questo momento, nessun giocatore gli eguaglia”. Come saprete, Alekhine si allenava per gli scacchi giocando a ping-pong.

Ma la sua voglia maniacale di non perdere mai nessuna partita si rifletteva perfino nel ping pong: una volta stava giocando con Salo Flohr e, quando Salo si apprestò a servire per il match, afferrò la pallina dicendo che la partita doveva essere aggiornata! Di famiglia ricca, ebbe una vita discussa e complicata (problemi con alcool nei primi anni ’30, quattro matrimoni, probabili simpatie naziste) e la stessa morte, in una stanza d’albergo a 53 anni, restò avvolta nel mistero. Fu sepolto a Parigi nel cimitero di Montparnasse.


Mikhail Moiseevic Botvinnik (Koukkala 17.8.1911- Mosca 5.5.1995)

E’ stato il “patriarca dello scacchismo sovietico” (la definizione è di Kavalek). Campione del mondo dal torneo di L’Aja/Mosca 1948, difese il titolo da Bronstejn (1951) e Smyslov (1954), nel 1957 lo perse da Smyslov ma se lo riprese l’anno successivo. Nel 1960 lo perse da Tal, ancora lo riprese l’anno successivo e nel 1963 lo perse definitivamente da Petrosian. Seppe insomma risorgere ogni volta che gli esperti lo consideravano al capolinea della carriera. Il suo segreto? La pazienza, la lotta e la preparazione, anche fisica. Così si espresse durante una conferenza: “Si può sperare nelle vittorie solo quando si gode di buona salute: prima di ogni torneo mi piace passare due settimane all’aria aperta, a contatto con la natura”. Il suo modello di gioco era Capablanca. Vincitore di numerosi tornei, conquistò per 6 volte il titolo sovietico tra il 1931 e il 1962. Era un ingegnere elettronico e, dopo il ritiro dal gioco attivo, s’interessò di programmi di scacchi.    


Mikhail Nekhemeevic Tal (Riga 9.11.1936-Mosca 28.6.1992)

Mihails Tāls. Così si scriveva il suo nome in lèttone. Era figlio di un medico. Bambino intelligentissimo, con una memoria superba, a 3 anni già sapeva scrivere. Se per assurdo io dovessi pagare un biglietto per assistere in diretta ad una partita fra un paio di questi 26 campioni, non avrei dubbi: uno dei due dev’essere Tal, lo spettacolo sarebbe assicurato. Il suo gioco era sfavillante come una stella. Se gli scacchi fossero soltanto arte, Tal, “il Mago di Riga”, sarebbe stato il numero 1 al mondo del secolo scorso. Un giorno, quando era bambino (così narrava D.Bjelica nel suo “Profili di grandi maestri”,1973) seppe che Botvinnik era di passaggio a Riga. Si presentò in albergo e disse: “mi chiamo Tal e vorrei giocare col Campione”. Non ci riuscì. Ci avrebbe giocato, e vinto, a Mosca nel 1960 (12,5-8,5), grazie ad un gioco temerario e rischioso, e divenne allora il più giovane campione del mondo della storia. Tal era riuscito a ribaltare, con i suoi sacrifici sbalorditivi ed il suo istinto, quel concetto di gioco scientifico e disciplinato che la scuola sovietica aveva imposto nel secondo dopoguerra. Talora addirittura sceglieva volutamente una mossa bizzarra piuttosto che una buona mossa. Tal era una persona estroversa e simpatica, due qualità piuttosto rare nei più forti campioni di scacchi. Una volta gli chiesero se fosse d’accordo o no con la campagna contro la vodka intrapresa dal governo sovietico, e lui rispose: “io sto dalla parte della vodka!”. Fu per ben 6 volte campione URSS. La precaria salute non gli consentì di esprimersi sempre ad altissimo livello: negli scacchi, come per ogni altro sport, occorre avere una grande resistenza fisica, e lui purtroppo non poteva averla. Perse la rivincita con Botvinnik nel ’61, e in quel periodo era infatti malato di reni e molto debole. Da allora per Mikhail fu un susseguirsi di alti e bassi, però i tifosi dei luoghi dove lui superbamente giocò e vinse (Zurigo, Bled, Tallinn, Week aan Zee, Sochi, Tblisi, Lublino, Leningrado, Montreal, tutte le località olimpiche ecc…) lo avrebbero ricordato per sempre.


Robert James Fischer (Chicago 9.3.1943-Reykjavik 17.1.2008)

“… L’Exhibition Hall di Reykjavik era pronto. Sul palcoscenico il tavolo in mogano, costruito apposta; sopra, su una scacchiera di marmo italiano grigio e ardesia verde, vi era un gioco intagliato a mano, inglese. La poltrona di Fischer era in pelle e cromata, da New York …” (Al Horowitz). Il primo settembre del 1972 Fischer piegava Spassky 12,5 a 8,5 ed era campione del mondo. Tutto poteva finire lì per Bobby … e tutto ebbe inizio lì per molti di noi … (C.Sericano). Su questo meraviglioso giocatore, quanto controverso personaggio, sono stati scritti fiumi di parole, e il nostro Blog non è stato (e non sarà) da meno; basta avere il tempo per andarle a cercare (e comunque vi diamo subito una mano), senza indugiare qui in altri appunti per completare il suo profilo:


Anatoly Evgeneevic Karpov (Zlatoust 23.5.1951)

Karpov proveniva da una lontana città mineraria dei Monti Urali ed aveva mosso i primi passi nel dopolavoro scacchistico della fabbrica metallurgica di cui il padre era dirigente. Sarebbe sempre rimasto una persona abbastanza fortunata, il giovane “Tolja” (come lo chiamavano). Ebbe da ragazzo, piuttosto gracile, alcuni problemi di salute, ma il destino gli consentì di superarli. Non era una grande promessa, ma ebbe la fortuna di trovare un eccellente allenatore, che lo portò in vetta al mondo: il G.M. Semen Furman. E la fortuna proseguì quando, nel 1975, a causa del forfait definitivo di Fischer, la FIDE gli assegnò “a tavolino” (era la prima volta che accadeva) il titolo di campione del mondo, dopo che, l’anno precedente aveva superato di un soffio Korchnoi (12,5-11,5) nella finale di Mosca del Torneo dei Candidati. Karpov dimostrò però di meritare quel titolo, entrando nella leggenda grazie ai suoi innumerevoli successi nei quali parve presentarsi alla ribalta dello scacchismo russo e internazionale come un nuovo Botvinnik. In realtà il gioco di Anatoly assomigliava molto anche a quello, dalla logica ferrea, di Capablanca: “Imparai il gioco sul testo ‘Le partite scelte’ di Capablanca, lui ha avuto su di me una grande influenza ed è rimasto il mio modello, per quanto io abbia sempre desiderato di portare negli scacchi qualcosa di personale”, affermò dopo la conquista del mondiale. Kasparov gli sottrasse il titolo nel 1985, ma la fortuna ancora una volta era dalla sua parte e poté fregiarsi di un nuovo mondiale nel 1990 (battendo l’olandese Jan Timman) grazie alla scissione della PCA di Kasparov, perdendolo da Kramnik nel 2000. Ha probabilmente un record: quello di essere stato fra i primi 100 giocatori della lista Elo per 31 anni consecutivi, dal 1971 al 2002.   

Garry Kimovic Kasparov (Baku 13.4.1963)

Di madre armena e padre azèro (di cognome Vainstejn), bambino prodigio, allievo del G.M. azèro Makogonov, è stato di gran lunga il più forte giocatore al mondo per almeno 15 anni: dal 1985, quando conquistò il titolo mondiale sconfiggendo Karpov per 13 a 11, fino (biasimevoli scissioni dalla FIDE a parte) al 2000, quando a sorpresa cedette il titolo a Kramnik. Scrisse Sergio Mariotti: “il 9.11.1985 è una data storica: Kasparov è a 22 anni il più giovane campione mondiale di sempre. E’ stata la vittoria della creatività contro la tecnica, del coraggio contro lo stile speculativo … il suo gioco universale ricorda quello di Alekhine e di Fischer”. Oltre ad essere stato certamente uno dei tre migliori giocatori di tutti i tempi, Kasparov è stato un leader in ogni senso, impegnato in organizzazioni di eventi e nella politica. Ostinato avversario di Vladimir Putin, oggi presiede la “Human Rights Foundation”, una organizzazione che sostiene in tutto il mondo dissidenti e oppositori. Alcune sue affermazioni un po’ esagerate gli hanno tolto purtroppo qualche simpatia, in particolare da parte delle donne (“nessuna donna può sostenere una lunga battaglia”). Esse riflettono il suo carattere istintivo e senza mezze misure. Tra le più note: “negli scacchi la mia parola è vicina a quella di Dio”. Eh, che dire? Non a caso per lungo tempo non volle ammettere che un programma di scacchi poteva essere in grado di batterlo, cosa che gli accadde nel 1997 ad opera del supercomputer della IBM “Deep Blue”. Oggi Garry Kasparov vive a New York, con la moglie e i suoi 4 figli, scrive ed è consulente per aziende tecnologiche di cybersecurity.


Magnus Carlsen (Tønsberg, 30.11.1990)

Soprannominato “il Mozart degli scacchi”, Magnus è diventato G.M. all’età di 13 anni e nel 2013 ha raggiunto il trono mondiale spodestando Anand (6,5-3,5) e poi difendendo successivamente il titolo contro lo stesso Anand, contro il russo Karjakin, contro Caruana e infine recentemente contro il russo Nepomniachtchi. Carlsen continua a stupire il mondo in questi anni, passando da un successo ad un altro in ogni format e contro ogni avversario. Non ha punti deboli e appare a tratti come una infallibile e invincibile macchina da guerra. Se riesce ad ottenere un minimo vantaggio, lo coltiva passo dopo passo fino a trasformarlo magicamente in un vantaggio decisivo. Magnus è talmente forte, tranquillo e sicuro di sé che gli è perfino capitato di prender brevemente sonno durante le partite (ad esempio nel 2014 durante l’ottava del secondo match mondiale con Anand). Ha quasi sfiorato i 2.900 punti Elo e al 1° gennaio 2022 è a 2.865, 61 punti in più del franco-iraniano Alireza Firouzja, unico altro giocatore oltre i 2.800. Sono ormai 8 anni che siede sul trono iridato. Chi potrà mai (e quando?) fermare Magnus Carlsen? Eppure anche per lui accadrà …

Stavolta non aggiungo alcun link in quanto di Carlsen abbiamo parlato almeno in decine di articoli negli ultimi anni. E’ sufficiente cercare sul nostro Blog e troverete.


MI avvisano in Redazione che ho raggiunto il limite di mosse consentitomi e che debbo mettere la prossima mossa “in busta“, come si usava un tempo. Bene, allora domani apriremo insieme la busta contenente gli altri tredici campioni…. Che dite, volete intanto provare a indovinare i loro 13 nomi?

N.B.: la foto di copertina è di Jorund Wessel Carlsen

(Riccardo Moneta per “UnoScacchista”) Copyright/tutti i diritti riservati

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5 thoughts on “I giocatori di scacchi più forti di sempre (gruppo 1)

  1. Tanto per giocare sparo i miei 13!
    Vediamo quanti ne avrò azzeccati!

    LA BOURDONNAIS
    ANDERSSEN
    PILLSBURY
    SCHLECHTER
    RUBINSTEIN
    TARRASCH
    NIMZOWITSCH
    KERES
    BRONSTEIN
    SMYSLOV
    SPASSKY
    KORCHNOJ
    KRAMNIK

    Grazie per le perle che quotidianamente trovi.

    1. Ciao, Max, e benvenuto su UnoScacchista! Ahi, ahi, non ne hai indovinato nemmeno uno …
      Scherzo, naturalmente, e ti faccio i complimenti: sei a ben 9 su 13, equivalente a un risultato di alta classifica. Tra l’altro mi sei di conforto, significa che anch’io non ho dato numeri e nomi troppo a caso. Grazie e arrivederci a domani!

      1. Grazie Riccardo, davvero un ottimo risultato. Sono curioso del tuo gruppo!

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