Uno Scacchista

Annotazioni, Spigolature, Punti di vista e altro da un appassionato di cose scacchistiche

I giocatori di scacchi più forti di sempre (gruppo 2)

13 min read

(Riccardo M.)
I nostri 13 campioni dei quali abbiamo fatto ieri un breve ritratto sono oggi raggiunti dai rimanenti 13 e con questi chiuderemo l’articolo. Apriamo pertanto quella metaforica busta che ieri avevo consegnato all’arbitro e leggiamo i loro nomi e il loro breve profilo.

2° gruppo

Adolf Anderssen (Breslavia/Wroclaw 6.7.1818-13.3.1879)

Il massimo esponente della cosiddetta “scuola romantica”. Lo si può considerare campione del mondo fra il 1851 e il 1866 (con il breve intervallo del regno di Morphy, dal quale fu battuto nel 1858), quando fu piegato per 8 a 6, senza patte, da Steinitz. Eppure era solo un dilettante, svolgeva l’attività di insegnante nella sua Breslavia. Gli storici parlano di lui come un gentiluomo, una persona correttissima che, se perdeva, sapeva riconoscere immediatamente la superiore abilità dell’avversario. E così accadde quando gli chiesero perché nel match perso con Morphy aveva dato l’impressione di non giocare al suo meglio: “Morphy non me lo ha permesso”, fu la sua lapidaria e onesta risposta. Giocatore dallo stile fantasioso e brillante come pochissimi altri, sua fu la celeberrima “Immortale”, giocata a Londra contro Kieseritzky nel 1851, e la quasi altrettanto celebre “Sempreverde”, contro Dufresne l’anno successivo.


Rudolph Charousek (Praga 19.9.1873-Budapest 18.4.1900)

Giocatore di scuola ungherese. Una delle carriere più sfolgoranti e più brevi della storia, quella del “John Keats degli scacchi”. Rudolph è stato pressoché inarrestabile in un biennio fra il 1896 e il 1898. Si narra che aveva studiato le aperture sull’ “Handbuch” di von Bilguer, ricopiandolo interamente a mano nella biblioteca di Kosice in quanto la sua famiglia era troppo povera per potergliene procurare una copia. Il russo Chigorin lo aveva chiamato “il nuovo Morphy”. Richard Reti disse che “il suo gioco era così semplice ed elegante che nessun altro poteva imitarlo” e il GM canadese Spraggett più recentemente ha scritto della sua straordinaria tecnica dei finali, che gli ricordava molto “Fischer e Karpov nel loro periodo migliore“. Fu, quello a cavallo fra i due secoli e precedente la Grande Guerra, un periodo davvero d’oro per gli scacchi, un periodo ricco come pochi altri di giocatori talentuosi. Charousek fu fermato a 27 anni, e per sempre, dalla tubercolosi, proprio quando Lasker stava preparandosi ad un match mondiale con lui. Un destino che volle accomunarlo a quello del suo maestro spirituale von Bilguer, stroncato a 25 anni, nel 1840, dalla medesima malattia.


Harry Nelson Pillsbury (Somerville 5.12.1872-Philadelphia 17.6.1906)

Statunitense, figlio di una insegnante e di un imprenditore immobiliare. Imparò il gioco molto tardi: a 16 anni. Ma venne aiutato da una memoria prodigiosa. Fu giocatore “pieno di idee profonde” (così scrisse Tarrasch) e parve a momenti riunire in sé le qualità del gioco di Morphy e di Steinitz. “Genio dell’attacco” (P.Moran), venne considerato il miglior giocatore del mondo fra il 1895 e il 1902, superiore allo stesso Lasker, contro il quale, alla fine, arrivò ad uno score perfettamente pari: 5 vittorie ciascuno con 4 patte. A 23 anni, con uno stile fantasioso e audace ed una tecnica superba, nessun traguardo pareva precluso a questo straordinario giocatore. Dalla parte sua aveva anche un bel carattere, una bella ed espressiva presenza, un aspetto quasi nobile, un atteggiamento positivo e propositivo e mai borioso. Tutto troppo bello perché potesse durare a lungo …. Come diceva il Petrarca “cosa bella e mortal passa e non dura” …. Anche con lui il destino non fu benevolo e anche lui se ne andò, qualche anno dopo Charousek, senza aver mai potuto sfidare Lasker per il titolo mondiale.


Aaron Nimzowitsch (Riga 7.11.1886-Copenhagen 16.3.1935)

La “forza” di questo geniale, e poco amato dai suoi contemporanei, giocatore lèttone, che pur vinse il grande torneo di Karlsbad 1929 davanti a Capablanca, non risiede tanto nei risultati conseguiti nella sua carriera (era spesso troppo nervoso per controllarsi durante i tornei), quanto nella originalità delle sue idee “ipermoderne”. Queste crearono, insieme a quelle di Richard Reti, una nuova scuola, lasciando un’impronta indelebile nella storia dell’intero movimento scacchistico. “Il mio sistema” (“My System”) rappresenta in particolare una svolta nella teoria del gioco, affermandosi il principio che non è necessario occupare il centro, bensì controllarlo, impedendo in pari tempo all’avversario di guadagnare spazio e sviluppare al meglio i pezzi.


Paul Petrovic Keres (Narva 7.1.1916-Helsinki 5.6.1975)

Riprendo le parole di Roberto Cassano dal suo articolo del 2018 “Keres un eroe nazionale”: “Keres fu uno dei più grandi giocatori di tutti i tempi, arrivando più volte sempre ad un passo dalla candidatura mondiale; partecipò, dal 1948 al 1965, a sei cicli di qualificazione per il Campionato del Mondo ed è considerato il più forte scacchista a non averlo vinto poiché arrivò sempre al 2° posto!”. Genio della combinazione quasi quanto Alekhine, soltanto un mix di sfortuna e di nervi impedì all’asso estone di conquistare il trono mondiale nel torneo organizzato dalla FIDE nel 1948. Persona gentile e taciturna, non benvoluto dalla Federazione sovietica in quanto non di origine russa, vinse più di 30 tornei internazionali e 12 medaglie d’oro olimpiche. Il suo “secondo” al Torneo dei Candidati di Bled 1959 (quando fu 2° dietro Tal), Vladas Mikenas, inseriva Keres fra i 6 migliori giocatori di ogni tempo, dietro Alekhine, Capablanca, Lasker e Botvinnik.


Vasilij Vasilievich Smyslov (Mosca 24.3.1921-27.3.2010)

Smyslov è stato campione del mondo nel biennio 1957-1958, dopo aver battuto Botvinnik, ma ebbe una lunghissima carriera ad alto livello: lo troviamo fra i “Candidati” in ben 8 occasioni e vinse la bellezza di 17 medaglie alle Olimpiadi. Quando a Vilnius perse il match del 1984 contro il ventenne Kasparov, stabilì un record: era il più vecchio “candidato” di sempre. Persona mite e riservata, cercava nel gioco la stessa armonia che trovava nella musica: amava la lirica ed era un discreto baritono. Il GM Gideon Stahlberg, che arbitrò il match mondiale del 1957, disse che la limpidezza e la logica del gioco di Smyslov gli ricordavano molto Capablanca. Tra le sue doti principali c’erano regolarità, pazienza e imperturbabilità (tutto il contrario di Nimzowitsch e Keres!), oltre alla capacità, particolare da non sottovalutare, di essersi sempre saputo adattare perfettamente ad ogni decisione dell’establishment sovietico.


David Ionovich Bronstein (Bila Cerkva 19.2.1924-Minsk 5.12.2006)

Fu lui, con la sua immaginazione, il vero artista degli scacchi del secondo dopoguerra. Vinse il torneo dei Candidati del 1950 e chiuse in parità il match mondiale del 1951 a Mosca con Botvinnik (12 a 12), mancando di un soffio la grande impresa (non c’era spareggio, allora) forse perché innervosito da alcuni atteggiamenti non correttissimi dell’avversario. Non ebbe altre occasioni mondiali, ma in torneo era inferiore a pochi  e fra il ’51 e il ’78 fu capace di primeggiare ovunque. Era, al contrario di Botvinnik, un giocatore audace e innovatore e “un pioniere nel campo delle aperture” (I.Pollini), in ciò rispecchiando la sua personalità aperta e vivace. Ed era simpatico e straordinario, con le stranezze di un artista: una volta, contro Boleslavsky, fissò la scacchiera per 50 minuti prima di fare la prima mossa della partita. Ricordo con piacere il suo sorriso e la sua affabilità nel corso di una spettacolare simultanea che tenne in Piazza Navona a Roma il 15 febbraio del 1990. E’ anche autore di uno dei più bei libri di scacchi mai scritti: quello sul torneo internazionale di Zurigo 1953.


Tigran Vartanovich Petrosian, (Tblisi 17.6.1929-Mosca 13.8.1984)

Eroe nazionale armeno, era l’artista della difesa, uno che poteva vantare il quasi incredibile record di una sola partita perduta alle Olimpiadi sulle 129 giocate complessivamente. In numerosi tornei il granitico Tigran non perse nemmeno una partita e in tutti quelli cui partecipò seppe sempre classificarsi ai primi posti. Svetozar Gligoric scrisse che Petrosian “colpiva grazie alla sua infallibile capacità di prevedere il pericolo e di evitare ogni rischio di sconfitta”. Mikhail Tal, che ovviamente non ammirava molto quello stile iper-prudente, disse: “Tigran è così attento alle opportunità potenziali dei suoi avversari che spesso sottovaluta le proprie”. Fu campione del mondo fra il 1963 (sconfiggendo Botvinnik) e il 1969 (sconfitto da Spassky). Nel corso di un’intervista del 1968 a Maiorca, D.Bjelica chiese a Petrosjan chi fossero per lui i migliori giocatori della storia. “Morphy, Steinitz, Chigorin, Lasker, Capablanca, Rubinstein e Nimzowitsch”, fu la risposta di Tigran.


Viktor Lvovich Korchnoi (Leningrado 23.7.1931-Wohlen 6.6.2016)

Non mi piacciono le patte”, affermò una volta Korchnoi, “ma mi piacciono le varianti sospette”. E così accadeva ogni tanto che quelle varianti sospette conducessero “il terribile Viktor” ad immergersi in lunghe riflessioni e a trovarsi sul filo del rasoio con l’orologio. Nonostante ciò, nella sua carriera vinse almeno una ventina di tornei internazionali. Era uno schiacciasassi, un lottatore tenace e indomabile, e insolitamente longevo. Uscito di scena Fischer, Korchnoi avrebbe avuto ragionevoli chances di arrivare al titolo mondiale, anche se non più giovanissimo. Glielo impedirono alcuni aspetti sconcertanti del suo carattere, poi l’emergere di problemi con le autorità sovietiche (nel 1976 fuggì dalla Russia in Olanda e poi in Svizzera, prendendone la cittadinanza), glielo impedirono altresì alcune manie e perfino degli screzi con i suoi allenatori, e infine soprattutto il levarsi di un nuovo talento, dal nome Karpov, che gli sbarrò la strada verso il suo sogno due volte, a Baguio nel 1978 e a Merano nel 1981.


Boris Vasilevich Spassky (Leningrado 30.1.1937)

Oro a squadre in 5 Olimpiadi, fu campione del mondo fra il 1969 e il 1972, quando trovò sul suo percorso un inarrestabile Bobby Fischer. La sconfitta di Reykjavik tuttavia fece più male a Fischer che a lui, dal momento che l’anno dopo rivinse il titolo sovietico e che fino al 1985 seppe resistere nella “top ten” mondiale, vincendo un po’ ovunque. Ci fu persino una specie di rivincita col redivivo Fischer, nel 1992 in Jugoslavia, in cui l’americano, nonostante la lunga inattività, s’impose (ma Spassky non era in buona salute) per 10 vittorie a 5, con 5 patte. Boris Spassky è persona corretta e sportiva, giocatore molto razionale e dallo stile universale. Non ebbe mai un buon feeling con la Federazione sovietica e lasciò il suo Paese nel 1976, acquisendo la nazionalità francese, per poi tornare in Russia, dove oggi vive. Nel 2004, quando il suo antico avversario Fischer fu incarcerato negli Stati Uniti, fece pervenire al presidente George Bush un’ammirevole lettera con la quale volle intercedere in favore dell’amico-rivale. Spassky è il più vecchio ex-campione del mondo di scacchi vivente. Anche a Spassky fu chiesto nel 1968 da Bieljca di indicare i suoi migliori scacchisti di sempre, e il campione di Leningrado citò: Morphy, Steinitz, Chigorin, Lasker, Capablanca, Alekhine, Tal, Fischer, Botvinnik e Smyslov.


Viswanathan Anand (Chennai, 11.12.1969)

Detto “Vishy”. E’ stato il primo G.M. nella storia dell’India. Anand non ce l’ha fatta a piegare il muro del duo Karpov-Kasparov negli anni ’90, ci è riuscito in questo secolo contro avversari più alla sua portata. E’ stato campione del mondo FIDE (dopo la scissione della PCA) dal 2000 al 2002 e assoluto dal 2007, quando superò Kramnik. Nel 2013 dovette cedere, nettamente (7 patte e 3 perse), al nuovo astro nascente Carlsen. Plurivincitore in numerosi tornei (in Italia: Reggio Emilia 1991), è stato forse il campione del mondo più “normale” di tutti: lo si deve alla sua personalità calma ed educata, formatasi in una famiglia religiosa. Vishy ama viaggiare, camminare e leggere romanzi di fantascienza. E’ appassionato di astronomia, ama studiare lingue, politica ed economia. Il suo è un gioco completo, rapido e nello stesso tempo metodico; lo hanno paragonato a Capablanca, ma lui si definisce un fan di Fischer e di Tal. A gennaio del 2022, con 2751 punti Elo, è ancora il numero 16 al mondo, ad onta dei suoi 52 anni.


Vladimir Borisovič Kramnik (Tuapse 25.6.1975)

Tuapse (sul Mar Nero) è la città natale di Vladimir Kramnik e dei suoi genitori, lei insegnante di musica e lui scultore. In lingua “adighè”, una lingua caucasica parlata nella repubblica di Adighezia, al confine con la Turchia, Tuapse significa “due acque” (“tua psy”), in quanto là si uniscono due fiumi. E proprio su due fiumi paralleli hanno  navigato i giocatori nei pasticciati anni fra il 1993 e il 2006. I due fiumi erano la FIDE e la PCA, l’associazione voluta fortemente da Kasparov e Short. E fra i naviganti c’era appunto Kramnik, che nel 2000 batté Kasparov e fu considerato il nuovo vero campione del mondo, mentre la FIDE ne sfornava degli altri. Kramnik a stento difese il suo titolo nel 2004 contro l’ungherese Peter Leko, quindi tra qualche polemica nel 2006 prevalse nel match di riunificazione contro il bulgaro Veselin Topalov, per poi cedere il titolo l’anno dopo ad Anand. I tornei internazionali confermarono tuttavia per molti anni ancora la forza e la classe cristallina del giocatore di Tuapse, che entrò nel Guinnes dei primati con i suoi i 10-successi-10 nel torneo di Dortmund. E lo “score” negli incontri individuali conferma la superiorità di Kramnik su quasi tutti i migliori giocatori del suo tempo: 5 vittorie contro 4, con 40 patte, contro Kasparov, dicono molto sul suo valore. Vladimir si è ritirato dal gioco attivo nel 2019, a 44 anni, anche a causa di alcuni problemi di salute.


Fabiano Caruana (Miami 30.7.1992)

Americano con passaporto italiano, ha ottenuto a 14 anni il titolo di GM e a 15 già era “prima scacchiera” nella nazionale italiana. La sua famiglia si era trasferita, quando lui aveva 12 anni, in Europa, prima in Spagna e poi a Budapest, dove è stato seguito nei primi passi sulle 64 caselle da Alexander Chernin. Caruana è un giocatore versatile, validissimo sia in apertura sia nei finali. La sua forza più evidente è nella capacità di concentrazione e nella serietà con cui si dedica professionalmente agli scacchi, per i quali ha abbandonato gli studi. Dopo la sua vittoria a Dortmund nel luglio del 2014 è entrato definitivamente nella èlite mondiale, superando la fatidica e ambita quota di 2.800 punti Elo. A settembre dello stesso anno trionfò nella Sinquefield Cup a St Louis  infilando un 7 su 7 iniziale, battendo anche Carlsen e vincendo con 3 punti di vantaggio sul norvegese: si trattò di una performance di 3103, stratosferica! Le 12 partite del mondiale con Carlsen del novembre 2018 sono terminate tutte patte (per la prima volta nella storia di un mondiale) e l’imbattibile Carlsen ha potuto prevalere solo nel gioco rapido di spareggio, nel quale si è dimostrato superiore all’avversario. Altro bel successo di Fabiano è quello del gennaio 2020, quando si è imposto con autorevolezza a Week aan Zee realizzando 10 punti su 13 partite (+7, =6) e distaccando Carlsen di 2 punti. Viceversa la più grossa delusione è stata il 3°-4° posto nel Torneo dei Candidati dell’aprile 2021, che gli ha precluso la via di una seconda sfida al campione Carlsen. Attualmente vive di nuovo negli Stati Uniti.


Ci vorranno senz’altro perdonare gli estimatori di altri validissimi grandi maestri del gioco, ma siamo stati costretti a scegliere, a volte quasi tra “inter pares”. E così restano esclusi da queste due semi-classifiche grossi nomi quali, ad esempio, Chigorin, Staunton e Tarrasch (che pure Fischer indicava tra i suoi 10 migliori di tutti i tempi, ma a Fischer piaceva stupire e infatti vi inserì pure Reshevsky), e poi campioni quali Euwe, Topalov, Kamsky, e ancora Schlechter, Maroczy, Rubinstein, Flohr, Stein, e poi ancora i vari Hubner, Portisch, Timman, Ponomariov, Mamedjarov, Ivanchuk, Aronian, Karjakin, Nakamura eccetera.

Chi invece fra breve tempo vi dovrebbe trovar posto, in questa lista, è Alireza Firouzja. “È improbabile che giocherò un altro match per il titolo mondiale” – ha detto Carlsen – “a meno che il prossimo sfidante non rappresenti la prossima generazione“. Il riferimento del norvegese non può essere che a Firouzja, classe 2003 e già da molti, o meglio da quasi tutti gli esperti, visto come il futuro campione. La dichiarazione di Carlsen dimostra da un lato il valore dell’iraniano-francese (e le attese riposte in lui), dall’altro quanto sia a mio parere sbagliato (come ho scritto in un post precedente) insistere ancora su questi anacronistici “matches” a due per il titolo mondiale, che non fanno, tra le altre cose, che favorire eventuali capricci di un possessore del titolo che si voglia comportare come il proprietario.

E’ stato anche un sacrificio non far rientrare fra questi primi 26 due giocatori come il polacco Akiba Rubinstein e il russo Mikhail Chigorin, i quali, quanto a classe, non ebbero certamente nulla da invidiare, ad esempio, agli Smyslov o Petrosian.

Ed infine non è da escludere che, magari inconsciamente, la scelta di questi 26 giocatori e non di altri sia stata in piccola parte influenzata da simpatie o predisposizioni o, forse più approfondite di altre, conoscenze personali. Ma così accade ad ogni critico in ogni settore, e ciò è pressoché inevitabile.

Una curiosità: New York si dimostra “luogo degli scacchi” più di tanti altri. A New York si trasferirono e morirono Steinitz, Lasker e Capablanca, a New York vive Kasparov.

Guardiamo un momento ancora quelle due liste a seconda della ripartizione geografica dei nominativi sulla base della regione (non dello Stato) di nascita e di prima formazione. Ci sono 21 europei, 4 americani e un asiatico. Più specificatamente: un indiano, un cubano, 3 statunitensi, un norvegese, un italiano, un ungherese (benché nato a Praga), un francese, un austriaco (benché anche lui nato a Praga), un lettone, un estone, un armeno, 2 tedeschi, e 10 russi (11 anzi se includiamo Kasparov che è nato in Azeirbaijan).

Se poi parliamo di scuole, allora quella russo-sovietica ne avrebbe in totale ben 14 su 26, la maggioranza. In effetti essa è stata indubitabilmente la predominante nel XX secolo. Potremmo forse oggi pronosticare che nel secolo in corso potrà ricevere più serio filo da torcere da quella asiatica, in particolare con le emergenti scuole di Cina ed India. Non dimentichiamo, appunto, che il cammino degli scacchi (e non solo) ha seguito sempre, nei secoli, il progresso delle civiltà e delle economie.

Staremo a vedere, finché ci sarà consentito.


N.B.: la foto di copertina è di Jorund Wessel Carlsen

(Riccardo Moneta per “UnoScacchista”) Copyright/tutti i diritti riservati

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4 thoughts on “I giocatori di scacchi più forti di sempre (gruppo 2)

  1. Mi spiace che non sia stato considerato Rubinstein… neppure nell’elenco finale degli “inter pares”. Lasker stesso lo temeva, evitando infatti sempre un incontro, che comunque sarebbe stato quasi sicuramente disputato se non fosse sopravvenuta la prima guerra mondiale.
    Le sue partite, in specie i finali, sono veramente illuminanti.
    A 48 anni è stato ancora capace di portare la Polonia all’unico titolo olimpico di squadra, con un risultato stratosferico (15/17, se ben ricordo).
    Ritengo quindi doveroso rendergli onore, almeno (dico almeno…) nel secondo gruppo!

    1. Piercarlo, hai ragione, lui doveva far parte di quella lista “inter pares”. Si è trattato, probabilmente, solo di un “lapsus calami”.
      A proposito, approfitto per chiederti: te la sentiresti di scrivere un post su Akiba Rubinstein? Mi accorgo che fino ad oggi ne abbiamo parlato troppo poco qui sul nostro Blog.
      Grazie, intanto, per il tuo intervento.

      1. Ci proverò appena avrò un po’ di tempo libero… in questo periodo i medici, anche quelli in pensione come me, hanno un sacco di lavoro…

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